Jolly Nero, la camera ardente al porto di Genova. Velocità eccessiva?

 La torre crollata al porto di Genova
La torre crollata al porto di Genova (LaPresse)

GENOVA – Al porto di Genova è stata allestita la camera ardente delle otto vittime del crollo della torre dei piloti. Mentre i sommozzatori cercano ancora un disperso, Marco Preve e Massimo Minella di Repubblica raccontano dell’abbraccio fra la moglie del pilota morto nella tragedia, Michele Robazza, e il suo collega Antonio Anfossi, il pilota chiamato a guidare la manovra di uscita dal porto del Jolly Nero e indagato dalla Procura, avvenuto proprio nella camera ardente.

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Scrivono i due inviati di Repubblica:
“L’incontro avviene prima che le bare vengano disposte una in fila all’altra dentro la camera ardente allestita nella capitaneria di porto, aperta ieri soltanto per i parenti delle famiglie e oggi invece allargata a tutta quanta la città, dalle 10 alle 20. ‘Erano grandi amici, Michele e Antonio, due persone straordinarie e le loro famiglie erano molto unite e sono sicuro lo saranno ancora di più’ commenta il capopilota Giovanni Lettich, al lavoro dentro a un rimorchiatore ormeggiato a fianco del molo Giano, diventato la sede provvisoria dei piloti, che si commuove quando mostra la sua giacca sporca, recuperata scavando a mani nude fra le macerie”.
“Sono le immagini-simbolo di una vicenda tanto dolorosa quanto complessa, nella quale i destini delle vittime si incrociano e si sovrappongono a quelli dei presunti responsabili. La Procura, intanto, prosegue la sua indagine per cercare le cause, e le eventuali responsabilità, dell’incidente del Jolly Nero, il traghetto della compagnia Messina che martedì notte, in fase di manovra di uscita dal porto, si è schiantata in retromarcia contro molo Giano, abbattendo la torre di controllo della Capitaneria e dei piloti uccidendo otto persone (le ricerche dell’ultimo corpo sono ancora in corso)”.
Le perizie del pm, al momento si concentrano sul sospetto della velocità eccessiva e sul ruolo dell’ufficiale di poppa:
“Il sospetto della velocità eccessiva e il ruolo dell’ufficiale di poppa sono i due punti su cui, in attesa dei risultati delle perizie, si concentra l’indagine del pm Walter Cotugno. Nelle ultime ore, infatti, gli inquirenti si mostrano perplessi di fronte ad alcuni dati relativi alla velocità. Secondo quanto è stato ricostruito, il Jolly Nero percorre il rettilineo del canale di Sampierdarena a circa 3,5 nodi, fermandosi quattro volte per raddrizzare la sua rotta e, ogni volta, spegnendo e riaccendendo senza alcun problema i motori. Quando la nave fa il suo ingresso nello slargo (l’avamporto) dove effettuare l’evoluzione, cioè la rotazione per posizionarsi di prua, ha ancora una velocità di 3,3 e addirittura sarà ancora di 2,9 agli ormai tristemente famosi 70 metri dalla banchina quando dal rimorchiatore arriva via radio il messaggiopreoccupato: ‘Siete troppo vicini’. Gli inquirenti dicono: ‘Abitualmente quel tipo di manovra viene eseguita alla velocità di 0,5-0,7 nodi’”.
Non solo erano troppo vicini ma, secondo quanto sembra emergere in queste ore, anche troppo veloci.
“Le velocità rilevate anche dall’Ais, Automatic Identification System, un sistema che traccia le rotte delle navi in tutto il mondo, dovranno essere confermate da quelli contenuti nella scatola nera, ma anche oggi appaiono inquietanti. Improbabile che il comandante Roberto Paoloni e il pilota Antonio Anfossi (entrambi indagati per omicidio colposo plurimo) non si fossero fino ad allora accorti di nulla. Anche perché sul «castello» si trovava l’ufficiale di poppa che non può non essersi accorto del pericolo incombente già ad almeno 150 metri dal molo. La tesi più verosimile è che a bordo sapessero già che esisteva un problema e l’allarme del rimorchiatore non li ha colti di sorpresa. L’ordine di ‘avanti’ impartito con gli strumenti di bordo alla sala macchine non si era concretizzato. Colpa forse di un momentaneo guasto delle bombole di aria compressa che ad ogni riavvio imprimono il primo movimento ai motori ma che a loro volta devono riempirsi nuovamente. Un manometro difettoso potrebbe aver rallentato l’operazione e soprattutto ingannato il comandante e il pilota”.

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