La difesa di Sparkle: “Commissariamento pericoloso perché paralizza la società”

L'amministratore delegato di Telecom Franco Bernabé

Dal 2003, già prima della gestione di Franco Bernabé, Sparkle aveva un modello organizzativo “idoneo” ad evitare, almeno a priori, i reati contestati nell’inchiesta della Procura di Roma che ha coinvolto la società controllata da Telecom. Tutti i compiti che i pm vorrebbero affidare a un commissario sono già stati assolti dalla società stessa. Il commissariamento è quindi superfluo oltre che pericoloso perché «potrebbe tradursi in una paralisi della società».

Questa è la linea di difesa seguita dagli avvocati di Sparkle, Paola Severino e Filippo Dinacci, per evitare il commissariamento, una trentina di pagine datate 2 marzo. Al contrario di quello che negli stessi giorni l’amministratore delegato Franco Bernabé scriveva ai dipendenti (il 4 marzo si rivolgeva loro dicendo «in questi due anni in Telecom Italia abbiamo preso una serie di provvedimenti importanti per evitare che episodi che in passato hanno danneggiato la nostra reputazione possano ripetersi in futuro») gli avvocati scrivono al gip Aldo Morgigni che «tutti i compiti che si vorrebbero assegnare al commissario sono già stati assolti e con largo anticipo dalla società».

In particolare Telecom Italia Sparkle (Tis) «ha adottato fin dal 3 novembre 2003 (ai tempi della gestione di Marco Tronchetti Provera), in epoca precedente agli illeciti contestati, un modello organizzativo volto a prevenire il compimento di reati che possano dar luogo a responsabilità ex 231 (la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti per gli illeciti commessi dai suoi esponenti di vertice)».

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