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La vigilessa uccisa dall’ex comandante, il possibile movente negli ultimi sms di lui

Il caso del commissario capo della Polizia Municipale di Anzola, che ha sparato alla ex vigilessa e collega Sofia Stefani, ha scosso profondamente la comunità locale e sollevato numerosi interrogativi. Secondo il gip Domenico Truppa, l’uomo era evidentemente stressato, come dimostrano gli sms inviati a Sofia nei giorni precedenti al tragico evento. Questo elemento ha portato il gip a considerare “non credibile” la versione dell’indagato, secondo cui il colpo sarebbe partito accidentalmente mentre stava pulendo la pistola. Il gip ha accolto le richieste della Procura, sostenendo che l’imputazione per omicidio volontario aggravato da futili motivi e dalla relazione sentimentale fosse giustificata. Le indagini hanno rivelato che il vigile stava attraversando un “dissidio interiore molto forte”, sufficiente, secondo l’accusa, a costituire un movente.

Vigilessa morta, le indagini

Il giorno dell’incidente, Sofia Stefani aveva chiamato il suo ex collega almeno 15 volte, con l’ultima chiamata avvenuta appena sette minuti prima dello sparo. Nei messaggi, l’uomo esprimeva la sua disperazione: “Non vivo più, non dormo più, non mangio più… Sono esausto, me ne vado via senza dire niente a nessuno, non reggo più… Non ho energia, non sopporto più questa pressione”. Queste frasi mostrano un uomo sotto enorme pressione, incapace di gestire la situazione con la sua ex collega, la cui relazione era stata scoperta dai rispettivi partner. Quando Sofia è arrivata al comando, un altro vigile l’ha vista entrare nell’ufficio dell’uomo senza apparire agitata. Poco dopo, si è udito uno sparo. L’uomo ha affermato di aver cercato di impedire a Sofia di afferrare la pistola, ma durante la colluttazione l’arma si sarebbe riarmata e il colpo sarebbe partito accidentalmente. Questa versione, tuttavia, non ha convinto il giudice, che ha disposto ulteriori accertamenti, tra cui l’autopsia e le analisi balistiche, per verificare la traiettoria del proiettile.

Un altro punto controverso riguarda il motivo per cui il vigile urbano avesse preso l’arma dalla cassetta di sicurezza solo mezz’ora prima del fatto. Egli ha dichiarato di volerla pulire in vista di un’esercitazione al poligono di tiro. Tuttavia, la comandante Silvia Fiorini ha smentito questa necessità, sottolineando che non c’era una data definita per l’esercitazione e che solitamente le armi vengono pulite dai dipendenti del poligono. Gli inquirenti stanno ora esaminando i contenuti dei telefoni e dei dispositivi elettronici sequestrati per ricostruire gli eventi precedenti il delitto. La moglie dell’uomo, a conoscenza della relazione, si è avvalsa della facoltà di non rispondere, come previsto dalla legge per i congiunti prossimi.

 

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