L’Aquila, il giudice scrive “Obbligo di previsione del terremoto”. Un’inchiesta per “far piacere alla gente”

Pubblicato il 5 Giugno 2010 - 15:38| Aggiornato il 7 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Terremoto a L'Aquila

I giudici che hanno avviato un’inchiesta contro lo staff e i consulenti della Protezione Civile, ritenendola fondata e plausibile, hanno scritto che gli indagati, sismologi, vulcanologi e funzionari, si sono, in ipotesi di reato, macchiari di “negligenza, imprudenza e imperizia”. Negligenza nel non avvertire la popolazione de L’Aquila che stava arrivando un grosso terremoto, imprudenza nel non lanciare l’allarme. Può darsi. Può darsi che con il senno di poi le loro riunioni e conclusioni risultino oggi troppo “ottimiste”. Può darsi che negligenza e imprudenza ci siano state anche se è dura individuarle come reato. Ma l’imperizia? Che vuol dire imperizia? Di quale mancata competenza parlano e scrivono i giudici Alfredo Rossini e Fabio Picuti, procuratore capo e sostituto della Procura de L’Aquila? Eccola l’imperizia, spiegata qualche riga più in là dell’atto giudiziario, là dove si prescrive “l’obbligo di previsione” dell’evento sismico cui gli indagati si sarebbero sottratti. “Obbligo di previsione” e di fronte a questo concetto per una volta accade l’impensabile: un moto di solidarietà per una volta a Guido Bertolaso.

L’aobbligo di previsione del terremoto è qualcosa che contraddice la scienza esistente. E’ come obbligare i climatologi a far venire il bel tempo e la pioggia a seconda delle esigenze delle popolazioni e degli agricoltori. Come obbligare gli economisti a fare in modo che nessuno ci perda in Borsa e tutti aumentino i loro redditi e consumi. Come obbligare i medici a guarire tutti i pazienti e tutte le malattie. Ipotizzare “l’obbligo della previsione” è una follia. Follia che ignora la scienza e la realtà. Follia che però, come spesso accade, ha dentro e dietro di sè un “metodo”. Metodo illustrato dallo stesso procuratore Rossini quando ha detto: “Con l’inchiesta speriamo di arrivare a un risultato conforme a quello che la gente si aspetta”. Che la gente si aspetta? La gente si aspetta spesso i miracoli e infatti la gente tende a proteggersi dai terremoti con Padre Pio. La gente spesso si aspetta quel che non c’è ed è scientificamente oggi impossibile: prevedere i terremoti. Poi, dopo il terremoto, la gente si aspetta un colpevole. Non solo e non tanto chi ha costruito male, ma proprio chi non ha evitato il terremoto. Queste aspettative della gente sono nella psicologia e nelle emozioni di massa. Ma non sono nella scienza e non dovrebbero essere nella legge. La gente che vuole, esige di essere avvertita “prima” del terremoto è la stessa gente che condanna chi lancia allarmi che “dopo” si rivelano infondati. Stabilendo l’assurdo “obbligo di previsione” altrimenti si è sospetti di reato, quei giudici ordinano che ogni scienziato per non finire in Tribunale ordini evacuazioni di città ad ogni “sciame sismico”, cioè tre volte l’anno in media in Italia. Quei giudici che si compiacciono e si propongono di essere in sintonia con “la gente” mortificano la scienza, ridicolizzano l’idea di responsabilità, aprono e spalancano la porta alle processioni contro il terremoto con il testa il santo patrono e al rogo, “giudiziario” per fortuna, dello stregone-scienziato che non l’ha indovinata.

Il terremoto de L’Aquila non poteva essere segnalato come in Tir messo di traverso sulla corsia dell’autostrada, la natura non da preavvisi di sisma  che finora l’umanità sappia cogliere se non nella superstizione. I morti de L’Aquila più che il terremoto li ha fatti l’edilizia abusiva e sperculativa, sono le case e non le scosse che uccidono. L’inchiesta che è partita serve solo, come dice chi la firma, a far piacere alla “gente”. Inchiesta che muove i suoi passi in una autentica festa della demagogia. Che c’entrano le ruberie della “Cricca” che appaltava i lavori della Protezione Civile con l’obbligo di prevedere i terremoti? C’entrano nulla ma le cronache die giornali ce li fanno entrare, con sommo sfregio alla ragione e sommo omaggio all’irresponsabilità civile.