MILANO – Larry Barisante, trentenne di Livorno da 14 anni nel narcotraffico, ha inventato un metodo infallibile per trasportare la cocaina dal Sudamerica all’Italia tramite cani vivi. Barisante, il giovane “canaro” della droga, ha un curriculum di tutto rispetto nel settore. Nel narcotraffico da quando aveva 16 anni, è stato sposato con Luzbalvina Prieto Marquez, figlia di un luogotenente del cartello del Golfo associato al braccio armato degli Zetas. E’ stato detenuto a Marsiglia, tappa fondamentale del suo curriculum criminale, perché è lì che ha ideato un metodo fino a ieri infallibile per il narcotraffico.
L’ha raccontato lui stesso una volta arrestato a Milano durante un controllo su una gang dei Latin King. La cocaina viene inserita in un cilindro, avvolta nel cellophane, chiusa sottovuoto, poi ancora cellophane, poi carta carbone resistente ai raggi X dei controlli, ancora cellophane e infine scotch di vinile nero. Eccolo, così, un involucro perfetto e di fatto “trasparente” ai controlli di qualunque macchina “droga detector”. E come lo trasporti dal Messico all’Europa? Semplice, il “canaro” Barisante ha iniziato a usare cani di grossa taglia, San Bernardo, Mastino napoletano, Gran Danese. L’involucro, anzi gli involucri li ficchi in pancia al cane e quello passa la frontiera.
A Città del Messico c’è un veterinario di nome Lallo, continua Barisante nel suo racconto, che fa un taglio cesareo e inserisce al massimo sei involucri nella pancia dell’animale di turno. Poi i cani sono pronti per l’aeroporto, due al massimo per ogni passeggero, destinazione Madrid. Un metodo infallibile perché infatti non viene notato dalla polizia, dai controlli, nemmeno dal fiuto dei pastori tedeschi che girano al guinzaglio dei finanzieri. Talmente infallibile che in 12 mesi vengono portati in Italia 48 cani con relativo carico senza alcun intoppo. I cani erano regolarmente denunciati e con microchip.
Succede però che la carriera del Barisante venga interrotta da una banale lite familiare a Pontedera. I carabinieri intervengono nell’abitazione di Massimo Pracchia, luogotenente di Barisante, per un litigio in famiglia. E scoprono l’ultima tappa della “filiera” del giovane “canaro”. E’ proprio in quella casa infatti che i cani vengono aperti, letteralmente sventrati, per recuperare la cocaina. Non tutti ce la fanno e così gli agenti, oltre a trovare un cane in piena operazione quando arrivano in casa, trovano una serie di carcasse nelle campagne circostanti. Il cane in questione sta male e solo così, con l’operazione, i carabinieri scoprono il carico di droga.
Una banale lite familiare, non un controllo, ha fermato il traffico di Barisante. Lui stesso verrà fermato ma solo tempo dopo: Pracchia, il luogotenente di Pontedera, non lo tradisce e non fa il suo nome. Barisante verrà arrestato a Rozzano, vicino Milano, durante un controllo su una gang latinoamericana, i Latin King, cui il “canaro della droga” aveva affidato la sua protezione.
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