Lavagna, ragazzo suicida. Parla il finanziere del blitz anti-droga: “Non lo rifarei”

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Febbraio 2017 - 11:46 OLTRE 6 MESI FA

LAVAGNA (GENOVA) – “Potendo tornare indietro non rifarei quel blitz”: a parlare è Renzo Nisi, il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Genova che il 13 febbraio scorso ha coordinato l’azione anti-droga che ha portato al suicidio di un ragazzo di 16 anni. 

Intervistato da Alessandro Belardettiu del Giorno, Nisi spiega che se si ritrovasse in quella situazione avrebbe agito solo “con un supporto psicologico presente in casa. Conoscendo l’esito tragico di quel servizio, adesso dico che era meglio non farlo”.

Il comandante spiega che l’azione era stata organizzata “con tutte le cautele del caso predisponendo una squadra speciale per l’occasione, composta da padri di famiglia che sapessero bene come approcciare un giovane. Erano tutti militari in grado di creare un ambiente meno traumatico possibile. Abbiamo fatto in modo che nell’abitazione ci fosse la madre con il compagno”.

Prima di lanciarsi dalla finestra, il ragazzo non ha detto nulla:

“Stava parlando con i suoi familiari, era un classico rimprovero da genitori. Non stavano assolutamente litigando in modo acceso, l’argomento era la droga“.

Ma sul caso è stato critico il procuratore dei minori della Liguria, Cristina Maggia, che ha detto che bastava una chiamata e avrebbe sconsigliato la perquisizione:

“Non entro in polemica con il procuratore, replica Nisi. Noi operiamo strada per strada, con la gente e per la gente. Le decisioni vanno prese nell’arco di un attimo e ci appelliamo alla professionalità. Se si giudica in base al risultato, anche la vita di ognuno di noi è da rivedere. Noi abbiamo messo in campo la migliore esperienza e rispettato le procedure per tutelare il minorenne. Il risultato non ci ha dato ragione, non siamo tranquilli. Ci sentiamo profondamente colpiti e dispiaciuti. Fare il massimo non è bastato, si può pensare di mettere più forze in campo. Normalmente non si fa, ma nelle perquisizioni casalinghe potrebbe entrare in gioco da prassi lo psicologo”.

Il comandante ha ricordato quella giornata: la mattina, intorno alle 10:30, la madre adottiva del ragazzo, Antonella Riccardi, è andata in caserma e ha raccontato dei cambiamenti improvvisi del figlio. Temeva che si drogasse. Un tempo andava benissimo a scuola ed era molto ben inserito nel tessuto sociale del paese, ma ultimamente aveva cattive frequentazioni e andava male a scuola. Così all’uscita della scuola, alle 13:30, i finanzieri hanno fermato il ragazzino, e quando hanno scoperto la droga, qualche grammo di hashish, lui si è giustificato dicendo di averla trovata nel bagno della stazione. I finanzieri lo hanno accompagnato a casa, e lì, durante il colloquio con i genitori, lui si è ucciso.