ROMA – Legge 104, permessi lavoro validi anche nelle unioni civili (ma solo per il partner). Le parti di un’unione civile possono chiedere i permessi previsti dalla legge 104 del 1992 in caso di disabilità del partner (tre giorni di permesso al mese retribuiti) ma non possono fare la richiesta per l’assistenza dei parenti del compagno dato che “tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità”.
E’ quanto si legge in una circolare dell’Inps pubblicata oggi nella quale si spiega che “l’art. 78 del codice civile non viene espressamente richiamato dalla legge n.76 del 2016”, ovvero quella che regola le unioni civili. L’Inps sottolinea che la parte di un unione civile che presti assistenza all’altra parte, può usufruire sia dei permessi previsti dalla legge 104 sia del congedo straordinario previsto dalla legge 151/2001 (due anni di permesso indennizzati in caso di parenti in situazione di disabilità grave conviventi fino al terzo grado in assenza di genitori o figli della persona disabile) mentre il convivente di fatto che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente dei permessi previsti dalla legge 104.
“Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso – si legge nel provvedimento sulle unioni civili – le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
Pertanto – scrive l’Inps – dal coordinamento delle norme richiamate, emerge che i permessi ex lege n. 104/92 e il congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D.Lgs.151/2001 possono essere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un unione civile, che presti assistenza all’altra parte. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado.
“La Corte sostiene – si legge nella circolare Inps – che sarebbe irragionevole non includere il convivente della persona disabile in situazione di gravità nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire dei benefici in questione. Il convivente, pertanto, deve essere incluso tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi di cui all’art 3, comma 3, della legge 104/92 per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado”.