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Leggere la chat della moglie non si può, nemmeno se lascia il pc acceso: la sentenza della Cassazione

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Nella foto Ansa, la sede della Corte di Cassazione

ROMA – Non si può leggere le chat su Skype della propria moglie nemmeno se il computer è lasciato acceso in casa. Almeno ai fini della separazione. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione in una sentenza con cui ha accolto il ricorso di una donna contro l’assoluzione pronunciata dai giudici del merito nei confronti dell’ex marito, accusato di accesso abusivo ad un sistema informatico e violazione di corrispondenza per aver letto e stampato alcune conversazioni che lei aveva intrattenuto con una persona su Skype e che erano finite nel fascicolo per la separazione. 

I giudici supremi hanno censurato le conclusioni dei giudici del merito: “La condotta di illecito mantenimento” in un sistema informatico “può perfezionarsi anche in presenza di una casuale iniziale introduzione” in esso, come aveva raccontato l’imputato, affermando di aver urtato casualmente il tavolo dove si trovava il computer portatile della moglie, cosa che aveva fatto comparire sul monitor le conversazioni delle chat, in quanto il pc era già aperto su Skype.

In merito poi alla possibilità che la donna avesse registrato la password per non doverla riscrivere ad ogni accesso, i giudici di piazza Cavour osservano che ciò “non esclude che il sistema informatico in questione fosse munito di misura di sicurezza” e ricordano che, per la sussistenza del reato, non rileva l’eventualità che le chiavi di accesso fossero state in precedenza comunicate all’autore del fatto, “qualora la condotta incriminata abbia portato ad un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa”.

Infine, non si può condividere, conclude la Cassazione, la “giusta causa” riconosciuta dal tribunale di Monza e dalla Corte d’appello di Milano in riferimento alla causa di separazione in corso tra i coniugi. Dal punto di vista penale, resta in questo caso confermata l’assoluzione dell’uomo, poiché la sentenza di condanna in appello è stata impugnata soltanto dalla parte offesa: ora dovrà svolgersi a Milano un nuovo processo solo in sede civile, inerente il possibile risarcimento alla signora. (Fonte: Agi)

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