Lodo Mondadori, Berlusconi condannato “con sconto”. La figlia Marina: “Un esproprio”

Silvio Berlusconi (Foto Lapresse)

ROMA – E’ arrivata la condanna per la Finivest sul caso Mondadori, con uno sconto di un quarto. I 750 milioni di euro del primo grado in appello sono diventati 560 milioni, da versare alla Cir di De Benedetti per i danni causati dalla corruzione giudiziaria che nel 1991 assegnò alla famiglia Berlusconi il controllo della casa editrice Mondadori.

Marina Berlusconi fa sapere in una nota: “E’ una sentenza che sgomenta e lascia senza parole e che rappresenta l’ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre, con tutti i mezzi e su tutti i fronti, compreso quello imprenditoriale ed economico”.

Il presidente Fininvest aggiunge che si tratta di “una somma addirittura doppia rispetto al valore della nostra partecipazione in Mondadori. La Fininvest, che ha sempre operato nella più assoluta correttezza, viene colpita in modo inaudito, strumentale e totalmente ingiusto. E il parzialissimo ridimensionamento della sanzione rispetto al giudizio di primo grado nulla naturalmente toglie alla incredibile gravità del verdetto. Neppure un euro è dovuto da parte nostra, siamo di fronte a un esproprio che non trova alcun fondamento nella realtà dei fatti né nelle regole del diritto”.

La tegola sulle tasche dell’azienda di proprietà del premier doveva essere evitata con la norma salva-Finivest che tante polemiche aveva suscitato quando era stata inserita nella manovra di Tremonti che ne è uscita nel giro di 24 ore. Una norma studiata apposta per addolcire l’effetto della sentenza di oggi. L’effetto della decisione dei giudici, ossia il risarcimento vero e proprio, sospeso in attesa del verdetto della Cassazione. Una sospensione obbligatoria e non più lasciata al libero arbitrio dei giudici.

Marina Berlusconi (LaPresse)

Oggi, invece, dalla corte d’Appello arriva la notizia che la sentenza è immediatamente esecutiva. La Fininvest dovrà trovare 560 milioni (540 alla data della prima sentenza, ottobre 2009, più gli interessi, ossia altri 20 milioni) da dare alla Cir. Ma Berlusconi è comunque fiducioso. Qualche giorno fa, alla conferenza stampa di presentazione del libro dell’onorevole Scilipoti, ha detto: ”Non c’è nulla che ci impedisca” di reinserire la norma ‘salva-Fininvest’ nella manovra, ”tanto ci sarà a breve una sentenza. Dopo, quindi, si potrà pensare a reinserirla in Parlamento perché non sarà più considerata una norma solo per la Fininvest o ad personam”, quasi dimenticando che manca ancora la sentenza di terzo grado, ovvero la pronuncia della Cassazione.

Al centro della cosiddetta ”Guerra di Segrate” c’è lo scontro, avvenuto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per assicurarsi il controllo di uno dei maggiori gruppi editoriali italiani, soprattutto dopo che nel 1989 la Mondadori aveva acquistato l’Editoriale L’Espresso e il controllo di Repubblica, di una catena di quotidiani locali e di importanti settimanali come Panorama, L’Espresso, Epoca. Il lodo arbitrale sul contratto Cir-Formenton è del 20 giugno 1990.

La decisione fu presa dai tre arbitri, Carlo Maria Pratis (Presidente), Natalino Irti (per Cir) e Pietro Rescigno (per la famiglia Formenton), incaricati di dirimere la controversia tra De Benedetti e Formenton per la vendita alla Cir della quota di controllo della Mondadori, promessa a De Benedetti e poi venduta all’asse Silvio Berlusconi/Leonardo Mondadori. Il lodo è favorevole alla Cir e dà  a De Benedetti il controllo del 50,3% del capitale ordinario Mondadori e del 79% delle privilegiate. Berlusconi perde la presidenza, da poco conquistata, che va al commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribunale, gestore delle azioni contestate.

Nel luglio del ’90 la famiglia Formenton fa ricorso. Il 24 gennaio 1991, la Corte d’Appello di Roma, presieduta da Arnaldo Valente e composta dai magistrati Vittorio Metta e Giovanni Paolini, dichiara che, dato che una parte dei patti dell’ accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir era in contrasto con la disciplina delle società per azioni, era da considerarsi nullo l’intero accordo e ,quindi, anche il lodo arbitrale. La Mondadori sembra così tornare nelle mani di Berlusconi. Dopo alterne vicende di carattere legale e dopo l’approvazione della legge Mammì, nell’aprile 1991, con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, Fininvest e Cir-De Benedetti raggiungono un accordo: la transazione in sostanza attribuisce la casa editrice Mondadori, Panorama ed Epoca alla Fininivest di Belusconi, che riceve anche 365 miliardi di conguaglio, mentre il quotidiano La Repubblica, il settimanale l’Espresso e alcune testate locali a Cir-De Benedetti.

Questa transazione è al centro del risarcimento chiesto in sede civile (complessivamente un miliardo) da parte della holding della famiglia De Benedetti alla luce della sentenza penale arrivata nel 2007 con la condanna definitiva per corruzione in atti giudiziari del giudice Vittorio Metta, dell’avvocato di Fininvest Cesare Previti e degli altri due legali Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. La Cassazione ha confermato l’ipotesi delle indagini avviate dalla Procura di Milano: la sentenza del 1991 della Corte d’ Appello di Roma sfavorevole a De Benedetti fu in realtà comprata corrompendo il giudice estensore Metta con 400 milioni provenienti da Fininvest.

Tesi quest’ultima contestata dalla holding della famiglia Berlusconi secondo la quale dei tre giudici che annullarono il Lodo Mondadori nel 1991 due ”avevano condiviso” la sentenza di annullamento ”in piena autonomia”. In primo grado il giudice civile Raimondo Mesiano, il 3 ottobre 2009, ha condannato Fininvest a versare alla controparte quasi 750 milioni di euro per danni patrimoniali ”da perdita di chance” per un ”giudizio imparziale”. Oggi la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Milano che ha però ridotto l’entità del risarcimento a circa 560 milioni.

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