Lombardia, Simone: “Daccò mi pagava non so quanto. Formigoni? Solo guai”

Pubblicato il 3 Maggio 2012 - 16:20 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Formigoni (Lapresse)

MILANO – Quanti soldi avrebbe ricevuto in un decennio dalla Fondazione Maugeri Pierangelo Daccò? “Nell’arresto leggo 56 milioni ma forse qualcosa di più, forse 60, non lo so, 70 penso più o meno, e tutto solo per essere insistentenei meandri della Regione Lombardia”, spiega nell’interrogatorio Antonio Simone, suo partner d’affari e anch’egli amico del presidente della Regione Roberto Formigoni. “Io e Daccò abbiamo dei rapporti di dare e avere abbastanza complessi, perché gli ho fatto fare un’operazione che non è andata bene e quindi ho un debito nei suoi confronti, almeno morale, poi discuteremo sul piano economico, che è un acquisto fatto ai Caraibi. La contabilità? Posso ricostruirla, sono gli affari…”, prosegue.

Ma che parte di quei soldi abbiano a che fare con le “porte aperte” da Daccò in Regione Lombardia, Simone lo esclude. Anzi giura che, all’epoca di un abortito progetto con Daccò per l’ospedale San Giuseppe nel 2006, dal Pirellone ha avuto non favori ma “uno scontro con Formigoni, con il direttore generale Sanese e il direttore della Sanità Lucchina, ai quali dissi state facendo un’ingiustizia nei miei confronti”.

“Faccio lo sviluppatore”, si descrive Simone riguardo ai tanti affari compensati con Daccò nel tempo: “Non mi interessa occuparmi di una cosa, ho delle idee che Daccò dice: Le valorizzo io. Le mie competenze completavano il suo desiderio di chi poteva portare a frutto ciò che aveva tra le mani. Dobbiamo fare un albergo? Io conosco tutte le catene che poi sono diventate mondiali, e non ce n’erano 25, anche qui è sempre uno stagno e non un lago: da assessore ho conosciuto Forte, l’Aga Khan, Meridienne, tutte”.

Come riporta il Corriere della Sera infatti per Simone il segreto è usare come imprenditore i contatti tessuti da politico: “L‘essere stato consigliere regionale lombardo dal 1980 al 1995, assessore al Turismo, Commercio e Sport per tre anni, poi un anno alla Sanità e uno all’Urbanistica, mi ha permesso di sviluppare in quei settori conoscenze e competenze abbastanza importanti. Tornate utili quando nel 1992 mi sono dimesso alla prima contestazione di finanziamento illecito ai partiti (8 processi, 7 assoluzioni in Cassazione e una prescrizione), ho smesso di fare politica e ho dovuto pensare a inventarmi un lavoro”.

Prosegue il Corriere: L’idea di privati che gestiscano reparti di riabilitazione in regioni dove non esistono, come la Sicilia, frutta grossi affari a Daccò-Simone: “La Fondazione Maugeri è la Ferrari della riabilitazione: se lei ha una Ferrari e va negli Emirati Arabi, lì hanno i soldi e non hanno le Ferrari (…) Andiamo in Sicilia perché Daccò conosce queste persone (il sindaco di Palermo, Cuffaro, l’onorevole Fallica, l’intera famiglia Miccichè erano amici di famiglia) e conosce il fatto che lì c’è un bisogno che si può riempire con un prodotto, il primo in Italia, che non fa emigrazione sanitaria”. Ma la Ferrari corre da sola, ironizza il gip: “Fu fatta un convenzione senza gara nel presupposto che la Fondazione, non avendo scopo di lucro, era una sorta di scelta” della Regione, concorda Simone, rimarcando però che Tar e Consiglio di Stato diedero poi l’ok.