Edith Blais, la ragazza canadese sequestrata per 15 mesi tra il dicembre del 2018 e il marzo del 2020 in Africa insieme all’italiano Luca Tacchetto, in un libro autobiografico, “Le sablier”, ha svelato alcuni dettagli del rapimento.
Edith e Luca si conoscono nel 2016. Da allora iniziano a fare diversi viaggi insieme tra cui quello del dicembre del 2018: dal padovano partono in auto verso l’Africa centrale.
In Burkina Faso, all’interno del Parco degli Elefanti, il sequestro.
“Ci aspettavano sei uomini in turbante, armati di kalashnikov – racconta la ragazza -. Quattro di loro si gettarono su Luca, puntandogli contro le pistole come pazzi”.
La canadese racconta dei continui passaggi da una banda al di rapitori all’altra, alcune composte da bimbi-soldato. “Potevano avere dai 13 ai 15 anni, militari in miniatura con in mano grandi kalashnikov”.
Il 4 marzo del 2019, 79 giorni dopo il rapimento, Luca ed Edith vengono separati. I nuovi sequestratori la costringono alla conversione all’Islam, Edith finge di accettare: “Mi sono lavata e ho indossato il hijab, dovevo sopravvivere e la conversione era il male minore. Oggi non ho conservato nulla di questa religione”.
Non per tutti è andata così come dimostra, per esempio, il caso di Silvia Romano.
Luca Tacchetto e Edith Blais e la fuga in Mali
Poi, infine, la fuga prima con l’aiuto di un camion e poi con un aereo che li ha portati fino a Bamako, la capitale del Mail, dove incontrano un delegato dell’Onu:
“Avrei voluto stringergli la mano, ma invece mi ha offerto il suo gomito. L’ambasciatore ha capito che non sapevamo nulla e quindi ci ha spiegato che eravamo nel bel mezzo di una pandemia. Per la prima volta ho sentito parlare del coronavirus“.