Sono 11 gli immigrati presi di mira da Luca Traini a Macerata Sono 11 gli immigrati presi di mira da Luca Traini a Macerata

Luca Traini, 11 gli immigrati presi di mira: alcuni, irregolari, sono fuggiti

Sono 11 gli immigrati presi di mira da Luca Traini a Macerata
Luca Traini (foto Ansa)

MACERATA  –  Non solo sei, ma undici: tanti sono gli immigrati colpiti da Luca Traini nel suo folle blitz xenofobo a Macerata sabato mattina. Sei sono i feriti ricoverati in ospedale, mentre degli altri cinque non c’è traccia, probabilmente fuggiti all’arrivo dei soccorsi perché senza documenti in regola. E forse qualcuno di loro è in gravi condizioni ma ha paura a chiedere aiuto.

A Traini, 28 anni, accusato di strage aggravata dalla finalità di razzismo, la procura contesta infatti non solo il ferimento dei sei immigrati di colore che sono stati ricoverati negli ospedali ma, anche, di aver sparato verso altri tre migranti che non sono stati colpiti e verso due persone che, dopo aver richiesto l’intervento dei sanitari, non si sono fatte trovare, probabilmente perché non avevano i documenti in regola.

“Volevo vendicare Pamela e fare qualcosa contro l’immigrazione, perché il fenomeno dell‘immigrazione clandestina va stroncata”, ha detto Traini nelle sue dichiarazioni spontanee davanti ai carabinieri di Macerata. Una vendetta maturata in pochi giorni, che si è concretizzata in un raid di due ore, una caccia al nero che ha paralizzato la città marchigiana.

Tutto è cominciato alle 11 di sabato mattina: Traini, incensurato di Tolentino, un passato su posizioni di estrema destra e candidato nel 2017 per la Lega al consiglio comunale di Corridonia, sale sull’auto e parte per la sua missione: uccidere quanti più stranieri possibile. Agisce da solo: al momento gli investigatori non hanno trovato nulla che possa far pensare ad un’azione organizzata con altri soggetti. Se a spingerlo sia stata proprio la morte di Pamela lo diranno le indagini; quel che è certo è che tra i due non c’era alcun legame, così come nessuno dei sei stranieri feriti aveva in qualche modo avuto a che fare con lui: bersagli scelti a caso.

I primi sono stati colpiti in via dei Velini. Poi, ad allarme era già scattato, Traini ha fatto in tempo a sparare ancora in via Spalato, vicino alla casa dove viveva il presunto assassino di Pamela, contro il portone della sede del Pd, e in corso Cairoli. Svuota due caricatori interi, quasi una trentina di proiettili, con la sua pistola semiautomatica e regolarmente detenuta: è un miracolo che non sia morto nessuno.

La caccia al nero dura due ore e finisce sulla scalinata del monumento ai caduti di piazza Vittoria: due carabinieri lo bloccano subito dopo aver abbandonato l’auto e lo buttano in terra. Traini non oppone resistenza, ha sulle spalle un Tricolore e prima di essere ammanettato riesce ad urlare il suo proclama folle e razzista. “Ho fatto quel che dovevo, l’Italia agli italiani”. Lo portano in caserma, scatta l’arresto per tentato omicidio. Macerata tira un sospiro di sollievo, come il resto d’Italia. Ma rimane la consapevolezza che si è passato il limite e che il difficile arriva ora, con una campagna elettorale da svelenire e raffreddare.

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