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Luca Varani, Marco Prato: “Niente pulirà la mia coscienza”

di FIlippo Limoncelli |13 Marzo 2016 20:15

Marco Prato

ROMA – “Voglio rendermi utile. Chiedo sempre di fare dei lavori in questo carcere. Mi sono anche offerto di pulire per terra”. Marco Prato parla dal carcere di Regina Coeli dove è rinchiuso per l’omicidio di Luca Varani. Il Messaggero riporta la sua vita dietro le sbarre, a pochi giorni dal delitto.

Mentre si trova nella biblioteca del penitenziario, Prato riconosce una persona: l’assistente di un politico che fa una ispezione. E si mette a piangere. Anche Marco sa che nulla sarà come prima. Fumare lo aiuta. “Mi serve per attutire i pensieri, ma non la coscienza”. E’ allora che questo ragazzo bilingue, che ogni tanto si offriva di dare gratuitamente ripetizioni di francese agli amici, sposta la sedia e la gira verso la porta. Quando alza gli occhi, gira la testa e vede quella faccia conosciuta, rimasta accanto alla porta, in silenzio, come si usa fare durante queste ispezioni in carcere. I due si riconoscono ma nessuno ha il coraggio di dire nulla. Pochi secondi nel silenzio più totale. Marco lo guarda fisso negli occhi, le braccia non sono più conserte, e inizia a piangere.

Intanto emergono nuovi dettagli dagli interrogatorii con gli inquirenti. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Manuel Foffo accusa Prato di conservare video compromettenti nel cellulare: “Mi sentivo minacciato da lui. Sul suo telefono mi ha mostrato video di donne stuprate e bambini nudi”.

Allo stesso tempo Marco Prato accusa Foffo: “Manuel era impazzito, ne ero infatuato e l’ho assecondato”. E’ soprattutto quest’ultimo a rivelare i cattivi rapporti con il padre: “Ho un forte risentimento verso di lui perché entrambi vogliamo avere ragione”.

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