Luigi Frati: un’inchiesta sul rettore e primario dell’Umberto I di Roma

ROMA – Approdata in Procura l’ennesima bufera sul rettore della Sapienza, Luigi Frati, “primario assenteista” del primo reparto di Oncologia all’Umberto I di Roma. I magistrati vogliono infatti capire se siano stati consumati reati e da chi nel policlinico universitario più grande d’Europa. Così hanno avviato un’inchiesta. Il fascicolo, per ora senza indagati né ipotesi di reato, è stato affidato al pm Rosalia Affinito.

Sta di fatto che due settimane fa erano stati il senatore Elio Lannutti (Idv), come presidente dell’Adusbef, e il legale dell’associazione di difesa dei consumatori, Lucio Golino, a depositare a palazzo di giustizia una denuncia contro il rettore: “Si accerti se nell’esercizio delle sue funzioni abbia consumato abusi nell’assunzione di parenti stretti, nei rapporti con le case farmaceutiche, che potrebbero nascondere connivenze e corruzione, nell’assenteismo come primario del reparto di Oncologia dell’Umberto I”. E non erano stati gli unici.

Anche dalla Fials, era partita una diffida indirizzata al presidente del Consiglio Mario Monti, nella sua veste di ministro dell’Economia, per chiedere la revoca dell’incarico a Frati. Un atto formale destinato anche al ministro dell’Università, Francesco Profumo, a quello della Salute, Renato Balduzzi, alla governatrice del Lazio, Renata Polverini, e al management dell’Umberto I: “Un primario ospedaliero deve visitare e curare personalmente i pazienti e non può sostenere di svolgere le sue funzioni solo firmando i turni di servizio dei medici che coordina”.

Una nuova tegola, insomma, si è abbattuta sulla testa del rettore, già al centro delle polemiche per la cosiddetta Fratidynasty con l’ingaggio di moglie, figlia, figlio e nipote come prof della Sapienza, ateneo che lui dirige dal 2008, dopo un ventennio alla guida della facoltà di Medicina.

“Al ministro Profumo”, dice Golino, “vorrei chiedere com’è possibile che dopo anni di accuse pesanti e circostanziate rivolte al rettore Frati, nessuna autorità abbia sentito il dovere di fare luce sulla loro veridicità”. “Confidiamo”, continua, che “alle omissioni dell’Amministrazione pubblica pongano riparo i magistrati”.

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