Mario Mori assolto, Libero attacca: “Silurato il teorema Ingroia-Travaglio”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Luglio 2013 - 12:14 OLTRE 6 MESI FA
Mario Mori assolto, Libero all'attacco di Travaglio: "Silurato il teorema"

L’ex capo dei servizi segreti, il generale dei carabinieri Mario Mori (D), dopo l’assoluzione da parte dei giudici del Tribunale di Palermo (Ansa)

ROMA – La sentenza del Tribunale di Palermo che ha assolto il generale Mario Mori dall’accusa di aver favorito il boss Bernardo Provenzano non arrestandolo quando ne avrebbe avuto la possibilità, ha scatenato lo sberleffo di Libero contro Marco Travaglio. Anche se scintille dal fronte Travaglio sono prevedibili, per il momento l’editorialista e vicedirettore del Fatto quotidiano ha accolto la sentenza con poche gelide frasi:

“Da ieri – in attesa delle motivazioni – il generale Mori era sì un grande detective antimafia. Però prima catturava un boss e non gli perquisiva il covo; poi l’altro boss non lo catturava proprio. Ma sempre in buona fede (il fatto non costituisce reato: cioè è vero, ma senza dolo). Mica voleva favorire la mafia: semmai lo Stato, ammesso e che ci sia qualche differenza. Anche lui agiva a sua insaputa, mirabile emblema di una classe dirigente al di sotto di ogni sospetto. Alla fine però chi fa il fesso è furbo. Il vero fesso – scriveva Giuseppe Prezzolini – “è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo”.

Ha scritto invece Libero: “Silurato il teorema Ingroia-Travaglio”. Ovvero la tesi secondo la quale fu una trattativa fra Stato e Mafia a chiudere la stagione delle stragi mafiose e della lotta frontale a Cosa Nostra condotta da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il lungo articolo di Pierangelo Maurizio ricostruisce tutte le fasi delle indagini e del processo:

“E adesso chi glielo dice a Santoro, Travaglio e alla meglio informazione? Chi glielo dice che questo processo, dopo cinque anni e 100 udienze, è finito come doveva finire? Il generale Mario Mori, ex comandante operativo del Ros dei carabinieri, e il colonnello Mario Obinu non hanno favorito il boss dei boss Bernardo Provenzano, evitandone la cattura nel ’95 a Mezzojuso, aspra contrada a 35 chilometri da Palermo. E tutto il teorema caro a partigiani della Costituzione, agende rosse e tribunali tv e sui giornali, va a farsi benedire. Neanche da dire che sia stato un giudizio frettoloso.

La quarta sezione del Tribunale – quello vero – ha accolto con pazienza ogni richiesta di acquisire ulteriori testimoni, documenti, rivelazioni in questo processo monstre che si è dilatato a dismisura, da un fatto circoscritto e facilmente verificabile, il presunto mancato arresto di Provenzano nel ’95. […] I giudici della quarta sezione, presieduta da Mario Fontana, hanno ascoltato, esaminato con cura ciò che hanno prodotto l’accusa e la difesa. E hanno concluso: il mancato arresto di Provenzano è la madre di tutte le bufale: «Assolve Mario Mori e Mario Obinu perché il fatto non costituisce reato…». Totale innocenza.

Come è nato il castello accusatorio, costruito tenacemente dal pm Antonio Ingroia e a sostenere il quale è stato lasciato solo Antonino Di Matteo? Dalle dichiarazioni dell’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio, transitato alla Dia (Direzione investigativa antimafia) e aggregato al Ros nell’ottobre del’95. Molti anni dopo nel 2001, dopo essere incappato in seri guai giudiziari per gravi reati quando era a Genova e dopo essere stato arrestato dal Ros, disse che Mori il 31 ottobre ’95 gli impedì di catturare Provenzano durante un incontro con il confidente-infiltrato Luigi Ilardo. […] Le accuse di Riccio sono state archiviate nel 2006 su richiesta della Procura di Palermo. E che cosa è avvenuto dopo, per rendere credibili le accuse già archiviate? Massimo Ciancimino che dopo una condanna per riciclaggio decide di parlare prima con Panorama a fine 2007 e poi dal 2008 con i pm, in un fiume di dichiarazioni aggiungendo sempre nuovi elementi. […] Il Ros di Mario Mori non c’entra nulla con la trattativa con la mafia. Bisognerà capire se altri hanno “giocato” con le stragi mafiose, per fini politici. Altro discorso. «Le sentenze si rispettano, ma la impugneremo » annuncia il pm Di Matteo. All’accusa va riconosciuto lo sforzo di fare accendere un faro su questa pagina. […] I pm di Caltanisetta hanno concluso che «Massimo Ciancimino più che gli interessi dello Stato, ha fatto gli interessi di Cosa Nostra». Quelli che lo hanno fiancheggiato e lo hanno trasformato (quasi) nell’icona dell’antimafia quali interessi hanno fatto?”