Mafia, “Bruno Contrada non andava condannato”, sentenzia la Corte di Strasburgo

Mafia, "Bruno Contrada non andava condannato", sentenzia la Corte di Strasburgo
Bruno Contrada (Foto Lapresse)

STRASBURGO – Bruno Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato non “era sufficientemente chiaro”. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani, decidendo anche che lo Stato italiano dovrà versare all’ex numero due del Sisde 10 mila euro per danni morali. 

Nella sentenza i giudici affermano che

“il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato il risultato di un’ evoluzione della giurisprudenza iniziata verso la fine degli anni ’80 e consolidatasi nel 1994 e che quindi la legge non era sufficientemente chiara e prevedibile per Bruno Contrada nel momento in cui avrebbe commesso i fatti contestatigli”.

La Corte di Strasburgo sostiene anche che i tribunali italiani “non hanno esaminato approfonditamente la questione della non retroattività e della prevedibilità della legge” sollevata più volte da Bruno Contrada, e che non hanno quindi risposto alla questione “se un tale reato poteva essere conosciuto da Contrada quando ha commesso i fatti imputatigli”.

Contrada aveva chiesto alla Corte di accordargli 80mila euro per danni morali, ma la Corte ha stabilito che lo Stato italiano dovrà versargliene solo 10mila. I giudici di Strasburgo hanno respinto anche la richiesta di riconoscergli quasi 30mila euro per le spese processuali sostenute a Strasburgo, ordinando all’Italia un risarcimento limitato a 2.500 euro.

Era il 25 febbraio del 2006 quando Contrada venne condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel luglio del 2008 l’ex dirigente dei servizi segreti si è rivolto alla Corte di Strasburgo sostenendo che in base all’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce il principio di “nulla pena sine lege”, lui non avrebbe dovuto essere condannato perché all’epoca dei fatti che gli sono stati imputati il reato di   concorso esterno in associazione di stampo mafioso non esisteva. Contrada ha sostenuto la stessa tesi anche davanti ai tribunali italiani, ma questi ultimi l’hanno sempre rigettata.

Questa è la terza volta che la vicenda dell’ex funzionario del Sisde viene trattata a Strasburgo. Nel primo caso i giudici stabilirono che la sua detenzione, tra il 24 dicembre 1994 e il 31 luglio 1995, non aveva violato il suo diritto alla libertà. Contrada vide invece accolto nel 2014 il suo secondo ricorso, presentato nel gennaio del 2008, in cui affermava di essere stato sottoposto a trattamento inumano e degradante. I giudici stabilirono che, visto il suo stato di salute, le autorità avrebbero dovuto concedergli i domiciliari appena lui ne fece richiesta e non dopo nove mesi e sette domande.

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