Mafia, favorirono latitanza Matteo Messina Denaro: 11 arresti in Sicilia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Agosto 2015 - 08:19 OLTRE 6 MESI FA
Mafia, favorirono latitanza Matteo Messina Denaro: 11 arresti in Sicilia

Mafia, favorirono latitanza Matteo Messina Denaro: 11 arresti in Sicilia

PALERMO – Sgominata una parte della malavita siciliana ritenuta vicina al boss latitante Matteo Messina Denaro. La Polizia di Palermo ha portato avanti all’alba del 3 agosto 2015 una maxi operazione con arresti e perquisizioni, nelle province di Palermo e Trapani. Arrestati, scrive l’Ansa, 11 presunti fiancheggiatori del capomafia latitante. L’accusa per loro è quella di aver favorito appunto la latitanza di Messina Denaro.

Eseguite perquisizioni nelle province di Palermo e Trapani nei confronti di capi delle famiglie di Cosa Nostra trapanese e di presunti favoreggiatori del padrino latitante. Le misure cautelari sono state notificate ai capi presunti del mandamento di Mazara del Vallo e dei clan di Salemi, Santa Ninfa e Partanna.

Salvo Palazzolo su Repubblica racconta nomi e tappe dell’inchiesta: Poco prima dell’alba, il gruppo degli undici fidati postini della primula rossa è in manette. Un gruppo di vecchie conoscenze e di insospettabili. Chi custodisce più segreti è di certo Vito Gongola, u zu Vitu coffa è soprannominato. Era lui il custode dei pizzini. Oggi ha 77 anni, e continua ad alzarsi alle quattro per badare al suo gregge. Ma questa volta, polizia e carabinieri l’hanno svegliato prima.

Mafioso vecchio stampo, u zu Vitu coffa. Nel natale del 1991, alla vigilia delle stragi Falcone e Borsellino, Totò Riina lo volle alla sua destra nella grande tavolata che organizzò a Mazara del Vallo per fare gli auguri ai mafiosi più influenti di Cosa nostra.

Dal 2012, è stato intercettato mentre telefonava al proprietario della masseria di contrada Lippone, Michele Terranova, e parlava di pecore e ricotta. U zu Vitu coffa sembrava davvero uscito da un libro di Camilleri. Ma le sue parole non erano una finzione letteraria, piuttosto nascondevano un segnale convenuto, che si ripeteva periodicamente, nel momento in cui arrivavano i pizzini di Messina Denaro. Così Vito Gondola faceva sapere all’intermediario che bisognava convocare al più presto un altro vecchio mafioso, Michele Gucciardi.

Adesso che la luce del giorno illumina la masseria di contrada Lippone, tutto sembra semplice. Ma quel sistema di comunicazione fatto di pizzini che partivano e tornavano è stato un vero rompicapo, spiega un investigatore. Anche perché Messina Denaro aveva imposto un sistema rigido alla sua rete di comunicazione, questo dicono le intercettazioni. «I pizzini vanno subito distrutti dopo la lettura». E la risposta deve passare attraverso gli stessi «tramiti», entro quindici giorni. Poi, però, per lunghi mesi, non è venuto più nessuno alla masseria. Forse, il superlatitante si era fatto prudente. «Oppure, ha lasciato la Sicilia per qualche tempo» ipotizza l’indagine. Misteri su misteri. Di certo, c’è solo che non erano solo vecchi mafiosi a costituire la rete del padrino. In manette è finito anche un rampante imprenditore, Mimmo Scimonelli, titolare di un supermercato Despar a Castelvetrano: viaggiava spesso fra Milano e Bologna, al Vinitaly aveva anche portato la sua ultima creatura, un consorzio di produttori di vino. Faceva vita più defilata l’architetto in pensione Ugo Di Leonardo, ex funzionario del Comune di Santa Ninfa. Ma anche lui era prontissimo a muoversi quando ce n’era bisogno. E’ la borghesia mafiosa che piace tanto a Messina Denaro.