Sanità.Tempi lumaca in corsia: 12 h per una visita. Business da 130 mld

Pubblicato il 21 Febbraio 2012 - 14:32 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La vicenda del Pronto Soccorso dell’Umberto I di Roma riporta in prima pagina la crisi della sanità italiana e sono in molti ad indicare proprio nei tagli alle risorse le cause dei disservizi.  Diminuiscono i posti letto e aumentano i tempi di attesa fino a un massimo di 12 ore per ottenere un ricovero. Cala il personale nelle corsie e, in misura proporzionale, cresce la difficoltà di medici e infermieri a rispondere alle richieste dei malati. Una situazione gravissima, quella dei pronto soccorso e della sanità sopratutto nelle regioni in rosso, conseguenza di una politica sanitaria fatta di tagli, spesso indiscriminati.

La sanità in Italia è un settore che costa ogni anno 130 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 490 milioni di danno erariale. Si scoprono continuamente  casi di malaffare, dalle nomine lottizzate, agli appalti, alla corruzione, fino ad arrivare alle lunghe liste d’attesa per i ricoveri e gli interventi negli ospedali.

Secondo una ricerca eseguita dal Tribunale del malato insieme ad Anaao-Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri, il problema maggiore è rappresentato proprio dalle attese. Ad essere analizzati sono stati per due terzi ospedali del Lazio (357%) e del Centro Italia (31,5%). Nord e Sud rappresentati con una percentuale del 18,5%. Se per l’accesso al triage, secondo i dati dell’indagine, si aspetta da pochi minuti a mezz’ora, un codice giallo può essere preso in carico fino a 5 ore dopo il suo arrivo al pronto soccorso, mentre un codice verde può attendere fino a 12 ore. Mentre chi attende un ricovero, nel 37,7% dei casi aspetta più di sei ore per avere un posto letto.

Per leggere meglio i dati è utile un confronto col passato: in dieci anni in Italia sono stati tagliati quasi 45 mila posti letto ospedalieri, pari cioè al 15,1% del totale, con un rapporto di posti per abitante passato dai 5,1 ogni mille di 12 anni fa, al 4,2 attuale. La politica del ridimensionamento dei posti letto doveva accompagnarsi a una parallela crescita dei servizi territoriali che, però, stenta a realizzarsi.

Secondo Daniela Francese, giornalista e esperta di sanità e malaffare, non ci sono giustificazioni per i casi come quello dell’Umberto I. “Ma nella grandissima parte dei casi la differenza la fanno i tagli delle Regioni alla Sanità. Devastanti come è accaduto nel Lazio, dove la situazione sfiora il collasso”. Quindi? Andrebbe ripensato l’intero sistema, aumentando sensibilmente i controlli: “Togliere ai governatori delle Regioni il potere di nomina dei direttori delle aziende sanitarie locali- auspica Francese – Perché in questo modo si sono creati dei mostri, che stanno ingoiando la sanità italiana”.

Numeri mostruosi come quelli della Regione Campania, che detiene il record per numero di primari superpagati. “Conosciamo la situazione e ne abbiamo già tenuto conto con l’elaborazione del piano ospedaliero – sottolinea rigoroso il presidente Stefano Caldoro – Abbiamo dato mandato a direttori generali e commissari di procedere alla razionalizzazione”. Proprio i recentissimi dati, relativi al 2011, mostrano i primi effetti del piano: in Campania le strutture complesse sono scese da 2048 a 1622, mentre quelle semplici sono passate da 9845 a poco più di 3 mila. Questa rimodulazione è stata accompagnata dalla contrazione dei primari e dei dirigenti medici.

La strada resta comunque in salita anche perché per accorpare o sopprimere reparti e servizi di supporto sono spesso necessari tempi lunghi, senza contare le resistenze legate a queste trasformazioni.