Maltempo, sindaco di Casteldaccia: “Casa abusiva, c’era ordine di demolizione”. Tragedia evitabile?

Casteldaccia, sindaco: casa era abusiva, doveva essere demolita
Maltempo, sindaco di Casteldaccia: “Casa abusiva, c’era ordine di demolizione”

PALERMO – La casa travolta dal fiume Milicia era abusiva e c’era un ordine di demolizione che pendeva dal 2018. A dirlo è Giovanni Di Giacinto, sindaco di Casteldaccia, che ribadisce come l’ordine di demolire la casa era stato impugnato al Tar e per questo motivo non è stato possibile procedere. Una casa in cui hanno perso la vita 9 persone dopo l’esondazione del fiume la sera del 3 novembre a causa dell’ondata di maltempo che si è abbattuta anche sulla Sicilia. Una tragedia che forse poteva essere evitata, se le denunce di Spatafora e del sindaco di Altavilla Milicia fossero state ascoltate.

Di Giacinto ha dichiarato: “La casa travolta dal fiume era abusiva e pendeva dal 2018 un ordine di demolizione del Comune che è stato impugnato dai proprietari dell’immobile davanti al Tar. Da quanto ci risulta ancora il tribunale amministrativo non ha provveduto, per cui la demolizione non è stata possibile”. La pratica relativa all’ordine di demolizione disposto dal Comune di Casteldaccia dopo l’accertamento dell’irregolarità della costruzione è stata sequestrata dalla Procura di Termini Imerese che sta indagando sulla morte delle nove persone travolte dalla piena del fiume Milicia. L’impugnazione davanti al Tar del provvedimento emesso dall’amministrazione comunale ha bloccato l’esecuzione della demolizione. L’immobile non era sanabile in quanto realizzato a meno di 150 metri dal fiume, quindi in zona di inedificabilità assoluta.

A spiegare la difficoltà di mettere in atto la demolizioni è Fabio Spatafora, ex sindaco del Comune: “Migliaia di richieste di sanatoria inevase, sei vigili urbani in un territorio vastissimo e flagellato da quarant’anni di abusivismo edilizio, mancanza di fondi per demolire gli immobili fuori legge”.

Le vittime erano riunite in una casetta presa in affitto costruita abusivamente, secondo quanto si apprende, in zona di inedificabilità assoluta a meno di 150 metri dal fiume. Spatafora per anni ha denunciato le lottizzazioni abusive realizzate nell’alveo del fiume: “La situazione è davvero difficile. Abbiamo solo 6 vigili urbani a cui delegare i controlli e parliamo comunque di luoghi in cui è anche complicato accedere perché i proprietari delle case abusive hanno fatto dei cancelli che non consentono i sopralluoghi. Tanto che, spesso, a informarmi delle nuove costruzioni era il sindaco del comune vicino che, dall’alto, poteva rendersi conto di quanto accadeva a valle”.

Spatafora ha presentato diversi esposti ai carabinieri e alla Procura ed emesso una serie di ordini di demolizioni: “L’iter è farraginoso, dopo l’ordine di demolizione se il proprietario non ottempera, il consiglio comunale deve o acquisire il bene o disporre di abbatterlo, ma spesso, come accade all’amministrazione comunale di Casteldaccia che è in dissesto economico, non ha i soldi per demolire”. Sono migliaia le richieste di sanatoria pendenti non solo a Casteldaccia ma anche nei Comuni più grandi della zona: Bagheria e Misilmeri, ad esempio. “Non mi si parli di abusivismo di necessità – dice Spatafora – molte case irregolari vengono affittate”.

Commentando la nota dei Verdi che accusa i due sindaci di non aver assicurato il rispetto della normativa, Spatafora che è stato rinviato a giudizio insieme a Di Giacinto spiega: “Non ci è stata contestata alcuna violazione delle norme contro l’abusivismo edilizio, ma di non aver incassato le indennità, previste da una circolare regionale del 2013, dai proprietari di 31 immobili per i quali era stato emesso l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi. Contro questa decisione della Procura della Corte dei Conti, che a nostro parere non ha fondamento giuridico, abbiamo presentato ricorso e l’udienza è fissata a gennaio prossimo”.

E ha aggiunto: “Si trattava di 31 immobili, nessuno dei quali ricadente nella zona interessata dalla piena del Milicia – dice – molti dei quali erano stalle o casupole fatiscenti che ancora non erano entrati a far parte del patrimonio dell’amministrazione comunale dopo l’ordine di demolizione perché il Consiglio comunale non l’aveva ancora deliberato”.  

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