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Manduria, gli 8 restano in carcere perché “le famiglie non sanno educarli e controllarli”. Lo dice il gip

di redazione Blitz |3 Maggio 2019 13:10

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Manduria, gli 8 restano in carcere perché accusati di tortura

TARANTO – Gli otto della ‘baby gang’ ritenuta responsabile delle angherie nei confronti di Antonio Stano, il pensionato di 66 anni morto dopo mesi di violenze a Manduria (Taranto), restano in carcere con l’accusa di tortura. Dopo la decisione relativa ai sei minorenni è arrivato lo stesso verdetto anche per i due maggiorenni. 

Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari di Taranto, che non ha convalidato i fermi dei due, ritenendo non sussistente il pericolo di fuga, ma ha emesso nei loro confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il giudice ha così condiviso il quadro accusatorio della Procura, anche in relazione al reato di tortura. Stessa decisione è stata adottata giovedì dal gip minorile, che ha mandato in carcere i sei minorenni. 

“La misura della custodia cautelare in carcere – scrive il gip del Tribunale ordinario Rita Romano – appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori”.

“Né vi è misura diversa meno grave rispetto a quella anzidetta idonea a garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati” che “non offrono alcuna garanzia certa di rispetto degli obblighi di una misura cautelare meno afflittiva, dovendosi pertanto fortemente limitare la loro libertà di movimento per impedire la ricaduta nel delitto”, rileva il gip.

Secondo il giudice, i nuclei familiari dei due indagati “hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani”, da qui la decisione di escludere la concessione degli arresti domiciliari.  

“Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l’esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni”, scrive il gip. (Fonte: Ansa)

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