Mantova: il Nobel Naipaul litiga con Caterina Soffici e lascia il Festival letterario

Lo scrittore V.S. Naipaul

Doveva essere un incontro per parlare di letteratura ma quello tra lo scrittore  britannico Vidiadhar Surajprasad Naipaul e la giornalista Caterina Soffici chiamata al Festivaletteratura a intervistarlo si è trasformato in uno scontro polemico  tanto che il premio Nobel si è alzato e ha abbandonato il palco, davanti a un pubblico che ha rumorosamente protestato.

Lo scrittore ha accusato la giornalista di essersi preparata domande con preconcetti e pregiudizi. Lei ha replicato che le domande stavano a dimostrare che aveva letto il libro ‘La maschera dell’Africa’ (Adelphi) con attenzione, ma Naipaul, ad ogni domanda della Soffici, si è limitato a rispondere polemicamente: “Io di questo non parlo”.

Le domande “incriminate” riguardavano le proteste in Inghilterra per come Naipaul ha descritto l’Africa in maniera definita politicamente scorretta, con particolare riferimento a certi episodi, come quando racconta che nel Ghana mangiano i gatti (brano che la Soffici voleva leggere), o come quando scrive sul suo incontro con l’ex moglie di Mandela smentito da quest’ultimo.

”L’ho incontrata! Ma lei – ha detto – a chi crede?”. ”Io credo a quello che lei scrive nel libro”, gli ha risposto la Soffici, ma inutilmente: ”Siamo troppo distanti – ha osservato a questo punto il Nobel – direi che lei ha una mentalità ristretta tipica dell’ estrema sinistra”. A fronte della situazione è intervenuta la moglie dello scrittore, provando a placare gli animi: ”Mio marito è uno dei pochi che ha avuto il coraggio di scrivere di Africa e di Islam. Ha dato la vita per la letteratura”.

”Allora parliamo di Islam”, ha replicato la Soffici, ricordando che Naipaul ha ricevuto il Nobel proprio nel 2001, l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle. Ma lo scrittore ha reagito affermando di non voler rispondere: ”E’ dal 1996 che non parlo di Islam” e ha deciso di chiudere l’incontro.

Naipaul a Mantova non ha voluto rilasciare interviste ed è intervenuto, in precedenza, solo alla trasmissione di Raitre Fahrenheit. Lì aveva parlato del suo bisogno di viaggiare per trovare cose nuove per i suoi libri: ”Credo che la forma romanzo sia servita a raccontare il mondo per almeno 150 anni, tempo in cui il mondo ha vissuto molti cambiamenti, che la narrativa ha registrato, così  non sono rimaste molte cose da raccontare. Allora andare in giro per il mondo è per me fondamentale, altrimenti non saprei che scrivere. Questo accade da quando mi sono accorto che il mio mondo originario, quello del mio villaggio e di Trinidad era limitato e che avrebbe presto esaurito le sue potenzialità”.

A proposito dei segni di fondamentalismo, da lui colti in un viaggio nei paesi islamici raccontato nel libro ‘Fedeli a oltranza’ del 1998, spiega che ”allora avevo una visione più generale, da una certa distanza, che però poi mi dava preoccupazioni , come se non avessi detto tutto sino in fondo, tralasciando qualcosa di importante e che avrebbe meritato più attenzione e riflessione, così oggi cerco di porre l’attenzione direttamente sull’individuo, sulla dimensione umana”.

Lo scrittore ha anche parlato del suo rapporto con i classici: ”Spesso – ha detto – non riesco a finire, dopo averli portati con me per lungo tempo, a un certo punto mi paiono prevedibili. Ma capisco che questo non va detto e soprattutto non è atteggiamento da diffondere”.

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