Margherita Buttarelli, poliziotta picchiata in strada: suo aggressore già libero

RIMINI – Margherita Buttarelli è la poliziotta aggredita a Rimini per aiutare tre donne. Picchiata a sangue da tre nordafricani che stavano infastidendo tre ragazze che pranzavano nel parco Cervi. E ora l’unico degli arrestati per l’aggressione a Margherita, 48 anni e assistente capo della Polizia di Stato, è stato liberato dal giudice. L’uomo, un magrebino di 30 anni già noto alle forze dell’ordine, è in stato d’arresto ma fuori dal carcere.

Mariateresa Conti scrive sul Giornale:

“L’arresto è stato convalidato, ma il giudice non ha ritenuto necessario aggiungere la misura restrittiva del carcere. E così, in attesa della prossima udienza che si svolgerà il 19 dicembre (il suo avvocato ha chiesto i termini a difesa) l’uomo sarà un libero cittadino. Il danno e la beffa per Margherita Buttarelli, 48 anni, assistente capo della Polizia di Stato in servizio a Rimini, picchiata per aver difeso da tre nordafricani alcune ragazze dell’Est, pesantemente infastidite da tre uomini mentre stavano pranzando al parco Cervi.

Lei è tornata a casa, fortunatamente il naso, sanguinante, non era rotto. Le è rimasto solo un vistoso livido al volto e la solidarietà dei colleghi e del questore di Rimini, che le ha fatto visita in ospedale annunciandole che intende proporla per un encomio per il coraggio dimostrato, per di più mentre non era neppure in servizio. Ma inevitabilmente il fatto che uno degli aggressori, l’unico fermato, sia stato rimesso in libertà meno di 48 ore dopo lascia l’amaro in bocca. Libero lui, preso dai carabinieri subito dopo l’aggressione, sabato intorno alle 14”.

In libertà anche gli altri due aggressori, che non sono stati identificati, spiega la Conti, che ricostruisce la dinamica di quanto accaduto:

“Le ragazze stavano pranzando al riparo di uno dei gazebo, in una zona di solito frequentata dalle badanti dell’Est. L’assistente capo Buttarelli, sposata e madre di due figli, stava tornando a casa in bici, dopo il lavoro. Viste le donne in difficoltà non ha esitato un attimo a intervenire, anche se era fuori servizio. Prima ci ha provato con le buone, poi si è qualificata. E alla fine le ha prese, pesantemente. Al Corriere di Romagna l’agente ha assicurato: «Lo rifarei»”.

E le colleghe di Margherita esprimono tutta la loro frustrazione, come donne e come agenti. Patrizia Bolognani, assistente capo al reparto prevenzione del crimine della polizia di Padova, spiega a Francesco Maria Del Vigo sul Giornale:

“Quando indossiamo l’uniforme, smettiamo di essere donne, siamo solo numeri. È come se perdessimo i nostri diritti”.

E spiega:

“In Italia ci sono all’incirca quindicimila donne in divisa, anche se nell’immaginario comune l’agente continua a rimanere un uomo. Quando un criminale si scaglia contro un agente volano sputi, botte e insulti – racconta la Bolognani, che è anche rappresentate sindacale del Coisp – Non importa il sesso del poliziotto. Anzi, nei confronti delle donne i criminali sono ancora più feroci. E poi ci sono gli insulti a sfondo sessuale. Se le botte sono una ferita esteriore, questi insulti sono una violenza interiore. Ne riceviamo quotidianamente, nell’indifferenza generale. Anche delle istituzioni. Perché poi in Procura queste offese non contano nulla, mentre se ci avessero insultate fuori dal servizio sarebbe un’aggravante”.

Poi cparlando del caso della collega, il cui aggressore è a piede libero, si sfoga:

“Anche questo è normale. Non mi stupisce. In Italia non c’è certezza della pena. Noi arrestiamo una persona e dopo pochi giorni è già fuori. E spesso li incontriamo per la strada. Capisce quanto può essere pericoloso?”.

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