Mario Ciancio non è amico di mafiosi: fine di una via crucis

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Dicembre 2015 - 21:52| Aggiornato il 21 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
Mario Ciancio non è amico di mafiosi: fine di una via crucis

Mario Ciancio non è amico di mafiosi: fine di una via crucis

CATANIA – Il Gup di Catania ha disposto il non luogo a procedere per l’editore e direttore de La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo, nell’inchiesta in cui era imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Per il Gup il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Ha così avuto termine una via crucis giudiziaria sofferta in questi anni da Mario Ciancio, oggi di 83 anni, personaggio di spicco nel mondo dell’editoria, stampatore di Repubblica, stimato e rispettato non solo dagli amici.

Per il Gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, non c’erano elementi necessari a istruire un processo. Il gup ha sostanzialmente ‘assolto’ l’editore e direttore de La Sicilia, annunciando il deposito della motivazione entro i prossimi novanta giorni.

L’udienza era stata caratterizzata dagli interventi dei legali della difesa, gli avvocati Carmelo Peluso, del foro di Catania, e Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno. In precedenza la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma il Gip Luigi Barone in udienza camerale aveva sollecitato nuove indagini.

I Pm avevano quindi presentato la richiesta di rinvio a giudizio e nell’avviso di conclusione delle indagini la Procura di Catania sottolineava che

“la contestazione si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti” e “riguardano partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra” e in particolare a un centro commerciale.

Nel procedimento si erano costituiti come parte civile l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, con l’avvocato Dario Pastore, i due fratelli del commissario della polizia di Stato Beppe Montana, ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando, con il penalista Goffredo D’Antona, e Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti, con il legale Fausto Maria Amato.