ROMA – “Prendiamo nota della tensione tra India e Italia sui marò e speriamo di trovare una soluzione”, dice Catherine Ashton, l’Alto rappresentante della Politica estera Ue. “Le decisioni non possono essere prese nel vuoto, bisogna guardare a tutte le implicazioni”, insiste il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, che frena così sulla linea dura inizialmente prospettata.
Intanto i marò restano in Italia, mentre l’ambasciatore italiano Daniele Mancini è bloccato in India. E se tutti cercano di calmare gli animi, un articolo di Libero quotidiano del 16 marzo puntualizza “tutti i disastri sui marò”: dall’errore di Mario Monti, che non li riportò subito in Italia, a quello dell‘Onu.
Lady Ashton ha dichiarato: “L’Ue prende nota della discussione in corso tra l’India e l’Italia e continua a sperare che una soluzione reciprocamente accettabile possa essere trovata attraverso un negoziato. Per ovvie ragioni posso dire molto poco. Siamo in contatto col governo italiano, con l’ambasciatore italiano in India e con il nostro ambasciatore. Sono in corso colloqui tra Italia e India e dobbiamo vedere come vanno”.
Intanto il ministro degli Esteri indiano placa i toni e avverte che la linea dura con l’Italia comporterebbe dei sacrifici anche per New Delhi: “‘Le decisioni non possono essere prese nel vuoto, bisogna guardare a tutte le implicazioni, all’intensità delle relazioni del passato e all’atteggiamento degli altri Paesi. Ogni decisione comporta anche sacrifici. Se si assume una posizione, si deve essere poi pronti a pagarne il prezzo”.
Quanto all’obbligo imposto di fatto all’ambasciatore italiano Daniele Mancini di non lasciare l’India in attesa di essere sentito dai giudici locali, il ministro si è rimesso per ora alle scadenze fissate dalla Corte Suprema. ”Noi, ovviamente, decideremo al momento opportuno ciò che dobbiamo fare (al riguardo) sulla base delle informazioni che riceveremo dalla Corte”, ha detto Khurshid.
Anche Elsa Fornero, ministro del Welfare, avvisa sulle ripercussioni di una rottura netta Italia-India: “Sicuramente questa situazione può avere ripercussioni sulle nostre imprese. Mi auguro che si chiami un arbitrato internazionale e si vada verso una soluzione di tipo cooperativo. Tirare la corda da una parte o dall’altra non va bene”.
Libero cita la Convenzione di Vienna e si chiede perché l’Italia lasci che veng gravemente violato ” uno dei più antichi e basilari principi di diritto internazionale”:
“Tanto basti perché lo Stato italiano, nelle persone dei rappresentanti di governo, presidente del Consiglio in primis e ministro degli Esteri poi, e del presidente della Repubblica, reagiscano a tono, anziché tacere colpevolmente. Tanto basti perché l’Unione Europea, della quale fino a prova contraria facciamo parte, anziché augurarsi un non meglio precisato accordo tra i due Paesi (non lo ha detto nemmeno Catherine Ashton, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ma un suo portavoce), prenda una posizione.
Tanto basti infine perché anche l’Onu, che ha sempre taciuto per tutta la vicenda dei marò, finalmente apra la bocca. Ma si sa, Bruxelles è lì solo per imporci la parità di bilancio e per prendere le misure ai cetrioli, e l’Onu oramai non conta più niente.
Detto questo val la pena chiedersi perché si è arrivati alla rottura con un Paese che a fronte dei fatti intercorsi dal momento dell’ar – resto di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone a oggi si è dimostrato doppiamente disonesto. Il fatto è che se l’India si è dimostrata tale, noi dall’altra parte ci siamo rivelati incapaci, talmente pasticcioni e imbarazzanti dal diventare alla fine disonesti al pari degli indiani”.
I marò che scendono dalla nave e vengono catturati, la licenza per tornare in Italia e le commissioni miliardarie. Tutta la vicenda, scrive Libero, prende le forme di una “barzelletta”:
“La barzelletta è diventata tale che anziché impegnarsi perché i marò venissero rilasciati ci siamo da un certo punto in poi accontentati di portarli a casa in vacanza, prima per Natale, poi per votare, con la promessa solenne delle nostre Istituzioni che li avremmo fatti tornare indietro. Ebbene a questa promessa l’ultima volta siamo venuti meno, facendo all’India uno scherzetto degno della loro disonestà, ma anche della nostra peggior fama di italiani furbastri.
Cosicché l’ambasciatore Mancini che in quanto nostro rappresentante aveva rilasciato una dichiarazione giurata sull’affidabilità della Repubblica italiana è stato preso in «ostaggio», così come i contratti economici che le nostre imprese hanno con l’India, il cui futuro da questo momento è alquanto nebbioso. Certamente siamo felici che Latorre e Girone siano finalmente a casa con le loro famiglie, ma il prezzo da pagare per l’inadeguatezza del governo Monti rischia di essere effettivamente troppo alto”.
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