Estorsione a Marrazzo, il gup: “A processo anche Viminale e Difesa”

Pubblicato il 24 Gennaio 2012 - 11:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Viminale e il ministero della Difesa sono stati citati come responsabili civili nel processo sul presunto ricatto all’ex presidente della Ragione Lazio, Piero Marrazzo. I due ministeri saranno anche parti civili. A stabilirlo è stato il gup Stefano Aprile che ha accolto un’istanza presentata dalla difesa dell’ex governatore.

Visto però che entrambe le amministrazioni pubbliche si sono costituite parte civile sostenendo che la loro immagine è stata danneggiata dal comportamento dei dipendenti, il ruolo sarà duplice. “Quando i carabinieri hanno commesso i reati contestati indossavano la divisa e, quindi, svolgevano la funzione di pubblici ufficiali”, ha spiegato il legale di Marrazzo Luca Petrucci nel corso dell’udienza del 10 gennaio, presentando l’istanza.

Inoltre, come spiega Antonio Buttazzo, avvocato difensore di Natali, la domanda risarcitoria è stata estesa anche alla stessa Natali.

Il prossimo 15 febbraio il pubblico ministero Rodolfo Sabelli prenderà la parola per le richieste conclusive e due giorni dopo toccherà alle discussioni dei difensori. A quel punto si deciderà del rinvio a giudizio per gli otto indagati, tra cui i carabinieri, a cui vengono contestati reati che vanno dall’associazione a delinquere e spaccio di stupefacenti.

I carabinieri a giudizio sono in tutto quattro. Tre per il presunto ricatto: il maresciallo Nicola Testini e gli appuntati Luciano Simeone e Carlo Tagliente. Testini deve rispondere anche dell’accusa di omicidio volontario per la morte del pusher Gianguarino Cafasso, l’uomo che aveva fornito la cocaina per il governatore e che in seguito fu trovato morto per una overdose sospetta. Il carabiniere Antonio Tamburrino, invece, è accusato di aver preso in consegna e custodito il video che ritraeva l’incontro tra Marrazzo e la trans Natalì, anche lei imputata nel processo (al secolo Alexander Vidal Silva). A giudizio compaiono anche i pusher Massimo Salustri e Bruno Semprese. I reati per il presunto ricatto che nel 2009 portò alle dimissioni del governatore della regione sono, a vario titolo, associazione per delinquere, omicidio volontario, falso, concussione favoreggiamento e ricettazione.