Marrazzo dai pm: “Mai stato ricattato, soldi servivano anche per la droga”

L’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo è stato sentito dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli. Marrazzo è stato ascoltato nell’ambito dell’inchiesta sul presunto ricatto attuato nei suoi confronti da 4 carabinieri finiti in carcere. Un quinto militare è indagato.

Nel corso del colloquio con gli inquirenti tenutosi negli uffici giudiziari di piazza Adriana, l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha ribadito di «non essere mai stato ricattato: non sono stato vittima di nessun ricatto e ho sempre svolto il mio ruolo di Presidente della Regione Lazio nell’interesse esclusivo dei cittadini».

«Qualche volta poteva capitare che quei soldi servissero anche per la droga». ha detto l’ex Governatore. Marrazzo, secondo quanto si è appreso, è entrato nel merito dei cinquemila euro che aveva pattuito con il trans Natalie in occasione dell’incontro sfociato nell’irruzione dei carabinieri nell’appartamento di via Gradoli.

Inoltre Marrazzo ha sottolineato di considerare l’episodio di inizio luglio una rapina di ciò che c’era nel suo portafogli. Inoltre Marrazzo ha precisato che il giorno dell’irruzione dei carabinieri nell’appartamento di via Gradoli non si sarebbe accorto che qualcuno stava girando un video aggiungendo inoltre di non avere visto in quell’occasione Gianguarino Cafasso, il pusher morto nel settembre scorso.

Cafasso tentò di piazzare il video anche contattando Max Scarfone il fotografo del caso Sircana. Secondo quanto si è appreso la posizione di Marrazzo non è cambiata e nel procedimento appare sempre come parte lesa.

Il presidente è stato circa due ore a colloquio con i magistrati. Uscendo dagli uffici di piazza Adriana, Marrazzo si è coperto con un cappotto per non farsi vedere da giornalisti e fotografi. Ad accompagnarlo la moglie Roberta Serdoz e l’avvocato Luca Petrucci. Quest’ultimo ha dichiarato: «Rimango profondamente stupito che a pochi minuti dal termine dell’atto istruttorio i contenuti dello stesso siano apparsi sulle agenzie di stampa in violazione di tutte le norme del segreto istruttorio e travisando inoltre in alcuni passaggi il senso della deposizione».

«Il mio assistito chiede di rispettare il dolore della famiglia, di sua moglie e delle sue tre figlie di cui due minorenni. Non è più un uomo pubblico e da oggi solo il silenzio può proteggere i suoi cari. Preciso anche che le foto apparse non ritraggono il mio assistito, ma un mio collaboratore: Marrazzo alla fine del colloquio è uscito da una porta posteriore, indisturbato e senza coprirsi volto», conclude Petrucci.

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