Martina Rossi morta, Cassazione: "Dai giudici di Appello un esame superficiale prove" Martina Rossi morta, Cassazione: "Dai giudici di Appello un esame superficiale prove"

Martina Rossi, la Cassazione: “Dai giudici di Appello un esame superficiale prove”

Martina Rossi, la Corte di Cassazione boccia i giudici di Appello: “Esame superficiale delle prove”. E’ il contenuto della motivazione con cui la terza sezione penale della Suprema Corte ha giustificato la sentenza con cui lo scorso 21 gennaio ha annullato l’assoluzione per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati nel processo sulla morte di Martina Rossi, la ligure di 20 anni deceduta dopo essere precipitata dal balcone di una camera d’albergo di Palma di Maiorca, in Spagna, il 3 agosto 2011. 

Le motivazioni della Cassazione

“I giudici di appello, con un esame invero superficiale del compendio probatorio, hanno ritenuto di ricostruire una diversa modalità della caduta della ragazza, cadendo in un macroscopico errore visivo di prospettiva nell’esaminare alcune fotografie, quanto all’individuazione del punto di caduta, individuandolo nel centro del terrazzo”, è scritto nelle motivazioni della sentenza della Cassazione sulla morte di Martina Rossi. 

Secondo i supremi giudici, nella sentenza di appello sono stati “depotenziati tutti gli elementi fattuali certi della scena del tragico evento come emergenti dagli atti, depotenziando, altresì la portata delle altre circostanze indizianti certe (i graffi sul collo di Albertoni ed il mancato rinvenimento sul cadavere della vittima dei pantaloncini del pigiama) e con un ragionamento di evidente incongruenza logica, hanno assolutizzato le dichiarazioni del testimone oculare della precipitazione di Martina (…) sminuendo altresì il narrato degli altri testimoni de auditu, però essenziali per individuare la diacronicità degli accadimenti, ossia quanto riferito dai turisti danesi che occupavano la stanza a fianco di quella ove si trovavano i giovani imputati”.

“La sentenza impugnata – scrivono ancora i giudici della Cassazione che hanno disposto per i due imputati un nuovo processo di appello – non è capace di resistere, considerata sia l’incompletezza, sia la manifesta illogicità, sia la contraddittorietà della motivazione redatta dal Collegio di appello, risultando tale motivazione priva di una visione sistematica dell’intero quadro istruttorio e non esaustiva e osservante dei principi giurisprudenziali”.

Martina Rossi senza pantaloncini “elemento che stride con il suicidio”

I giudici della Cassazione evidenziano in particolare come “la mancanza dei pantaloncini appare difficilmente collegabile a un gesto suicidario”, ma si tratta di un “elemento gravemente indiziario, soprattutto se letto in correlazione ai graffi sul collo di Albertoni”.

Quello che conta, scrivono i giudici, “è che Martina precipitò senza i pantaloncini del pigiama e tale elemento oggettivo indiscutibile non può ‘sparire’ anch’esso dalla valutazione dei giudici di merito, ma deve essere correttamente considerato in collegamento con le altre evidenze probatorie al fine di esaminare in via deduttiva le probabili o possibili ragioni della sua mancanza addosso a Martina al momento della caduta, essendo evidente che i pantaloncini con cui la ragazza giunse nella stanza d’albergo degli imputati furono tolti quando la stessa si trovava all’interno della camera 609”.

In definitiva, scrivono i giudici nelle motivazioni riportate dall’AdnKronos, “è stata omessa ogni valutazione delle circostanze fondamentali già poste a base della decisione del giudice di prime cure da un lato, dell’esultanza dei due imputati nell’avere avuto contezza – per l’abilità di Albertoni che aveva approfittato di un breve allontanamento dalla stanza della ispettrice che conduceva l’esame per sbirciare sui fogli della cartellina – che sul cadavere della vittima non erano state rinvenute evidenze di aggressione di tipo sessuale, ipotesi ricostruttiva neppure sfiorata in quel momento dalle indagini, e dall’altro della successiva soddisfazione commentata con un ‘fottati’, significativo della sensazione di averla fatta franca, oltre alla confessione di essere stati ‘salati’ la sera degli eventi, ossia sotto l’effetto di sostanze stupefacenti”.

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