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Massimo Bossetti, l’avvocato: “Il movente sarebbe che non consumava con la moglie?”

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Massimo Bossetti, l’avvocato: “Il movente sarebbe che non consumava con la moglie?”

BERGAMO – “Il movente sarebbe che non faceva sesso con la moglie? Invenzioni fantastiche”. Così l’avvocato Claudio Salvagni, uno dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti, smonta con sarcasmo uno dei capisaldi dell’accusa, in vista dell’ultimo round: il ricorso in Cassazione.

Intervenendo ai microfoni di Legge o Giustizia, in onda su Radio Cusano Campus, l’avvocato ha esposto i punti salienti del ricorso. Nel luglio scorso, i giudici della Corte d’assise di Brescia hanno confermato l’ergastolo per il muratore di Mapello per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra Yara Gambirasio. Bossetti, in carcere dal giugno del 2014, ha sempre sostenuto la sua innocenza ma è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Bergamo e la sentenza è stata confermata in appello a Brescia.

Ora la difesa confida nella Suprema Corte. Rispondendo alle domande di Matteo Torrioli, Salvagni ha spiegato:

“Abbiamo esposto in 21 punti le critiche alla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia. Le domande che noi rivolgiamo alla Corte attengono a quella che noi riteniamo essere una violazione del diritto di difesa. È innegabile dirlo: Bossetti non si è mai potuto difendere. Dovrebbe prendere come un atto di fede quanto fatto dai consulenti dell’accusa. Noi non abbiamo nemmeno mai visto i reperti, sembra assurdo ma è così. Questo processo è stato caratterizzato dallo scontro in punta di diritto. Non consentire una perizia è contro le regole del nostro ordinamento. Se si ha lo strumento per fare luce su una situazione perché non dovrebbe essere utilizzato? Lo chiede l’imputato perché altrimenti non si può difendere”.

Dopo le motivazioni in secondo grado si è sviluppato un gossip morboso intorno a Bossetti e alla sua famiglia, prosegue l’avvocato:

“In questa vicenda si è perso di vista il focus principale sul quale ragionare. Si parla di cose che non hanno rilievo processuale. Io contesto anche quello nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. Sostenere che i coniugi non andassero d’accordo e che non avessero rapporti sessuali tali per cui questi diventano il movente per un assassinio di quel tipo mi sembra pura fantasia. Nessuno era nel loro letto, nessuno può sapere cosa succedeva. Il fatto che non andassero d’accordo è una mera illazione. È un ragionamento fantastico che fa la Corte in un eccesso creativo. Di conseguenza se ne parla nei salotti televisivi, ma è un argomento che distoglie l’attenzione da quello più importante, ovvero la possibilità di andarsi a difendere contro il Dna”.

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