BERGAMO – “Quel dna non mi appartiene”. Per la prima volta, Massimo Giuseppe Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio ha messo in dubbio, nel corso del suo interrogatorio, che il dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia suo. “E’ un dna strampalato, e che per metà non corrisponde”, ha detto il carpentiere a proposito della mancata corrispondenza tra il dna nucleare e quello mitocondriale. Poi ha aggiunto di non aver mai fatto ricerche su ragazzine tredicenni su internet (come sembra dalle analisi sul suo computer).
“E’ dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda – ha proseguito Bossetti – visto che non ho fatto niente e voi lo sapete”. Il pm Letizia Ruggeri ha ribattuto che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e un altro che gli elementi a suo carico sono stati giudicati tali da sostenere un giudizio. “Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei”.
Bossetti ha anche detto di non aver mai fatto ricerche su ragazzine o tredicenni come invece risulta dall’analisi dei suoi due computer di casa. “No, assolutamente – ha risposto -, sono sincero, non esistono ricerche di questo genere nei nostri computer, assolutamente”. Bossetti ha aggiunto che talvolta “in intimità, quando i bambini erano a letto” lui e la moglie guardavano dei siti pornografici. Mai, però, quelli riguardanti ragazzine. “A me piace anche la cronaca nera”, ha aggiunto e, per questo, faceva ricerche o leggeva i giornali.
Anche la moglie di Massimo Bossetti, Marita Comi ha voluto essere in aula quest’oggi per il secondo giorno di interrogatorio del carpentiere di Mapello, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio. Nella scorsa udienza, Bossetti aveva detto di non aver mai visto, né conosciuto la tredicenne. “Prima di me in quest’aula hanno mentito tutti”, aveva affermato nel corso di un interrogatorio durato circa un’ora.