Massimo Giuseppe Bossetti, alibi smentito dal gip: “Non andò dal meccanico”

Massimo Giuseppe Bossetti, alibi smentito dal gip: "Non andò dal meccanico"
Massimo Giuseppe Bossetti, alibi smentito dal gip: “Non andò dal meccanico”

BERGAMO – Massimo Giuseppe Bossetti non andò dal meccanico il 26 novembre 2010, giorno dell’omicidio di Yara Gambirasio. Le indagini hanno smentito l’alibi fornito da Bossetti durante l’interrogatorio del gip del 19 agosto. Messo alle strette, scrive Giuliana Ubbiali sul Corriere della Sera, Bossetti cambiò la sua versione, dicendo di essere stato dal falegname. I racconti di Bossetti sono lacunosi, scrive la Ubbiali, e i legali lo difendono: “E’ difficile ricostruire i propri spostamenti di 4 anni prima.

La Ubbiali scrive:

“Ha detto che il pomeriggio del 26 novembre del 2010, giorno dell’omicidio di Yara, era andato dal meccanico. Ma dal registro delle fatture dell’officina, le riparazioni al furgone che ha indicato risultano effettuate un mese prima. E non è il solo buco nero di quel pomeriggio. Perché anche il passaggio dal falegname non troverebbe conferme. Così pure le tappe dal commercialista e dal fratello, entrambi a Brembate Sopra, sono smentite dalle indagini”.

Bossetti, che inizialmente disse di aver lavorato nel cantiere di Burligo di Palazzago il giorno dell’omicidio di Yara e poi di essere tornato a casa, cambiò la sua versione dopo le prove degli investigatori:

 

“Allora, messo di fronte a questi riscontri, il 6 agosto ha fatto uno sforzo di memoria e ha precisato che aveva lavorato solo al mattino a Palazzago e che poi, nel pomeriggio, era andato dal meccanico, dal falegname, dal commercialista, da suo fratello e all’edicola davanti al centro sportivo di Brembate Sopra”.

Il gip, nell’ordinanza con cui ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, scrive:

“«Significativo il comportamento incoerente tenuto dall’indagato proprio in merito alla ricostruzione dei suoi spostamenti», si legge. E, ancora: «Ricostruzioni diverse e confuse, che non possono considerarsi spontanee essendo state effettuate da Bossetti solo dopo aver letto l’ordinanza di applicazione della misura cautelare e dopo che le contestazioni specifiche l’hanno posto di fronte all’evidenza che ciò che aveva dichiarato in sede di udienza di convalida non era stato riscontrato dai successivi e specifici accertamenti investigativi»”.

Ma i legali di Bossetti insistono:

“«È un elemento emozionale che fa presa, ma sarebbe difficile per chiunque collocare i propri spostamenti di quattro anni prima – dicono all’uscita del palazzo di giustizia di Brescia -. Comunque, che lui sia una persona metodica, come ha detto, non è stato smentito. Poi è possibile si dicano delle imprecisioni nel tentativo di ricostruire la giornata. Stiamo comunque parlando del pomeriggio di quel giorno, perché la sera si sa che era a casa»”.

E nel contestare l’ordinanza del gip dicono:

“«una carenza di motivazione. Il giudice non ha dato risposte ai nostri dubbi». Il gip non ha accolto la loro «rilettura critica» degli atti perché, nella sostanza, «nessun fatto nuovo o preesistente ma non valutato con l’ordinanza genetica (la prima ndr) è stato evidenziato»”.

Ora gli avvocati difensori provano a presentare istanza ad un altro tribunale:

“E puntano a mettere in discussione ancora una volta soprattutto il Dna. L’hanno già fatto nella prima istanza, evidenziando la parte in cui il Ris indica incertezza sulla natura della traccia (sangue) trovata sugli slip e sui leggings di Yara. Un dato che, però, non ne mette in discussione «l’ottima qualità» ai fini del Dna. «Ma proprio perché per l’accusa è ritenuta la prova regina mentre per noi ci sono margini di discussione, va affrontata in contraddittorio. Gli altri tre indizi, cioè la calce, le celle telefoniche e la testimonianza del fratellino della vittima, secondo noi sono stati demoliti»”.

(Foto Ansa)

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