BERGAMO – Processo Yara: sono utilizzabili tutti gli atti compiuti dai carabinieri del Ris e confluiti nella relazione conclusiva stilata nel dicembre 2012 e oggi allegata dal gup di Bergamo, Ciro Iacomino, nell’udienza per la formazione del fascicolo del processo a Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore accusato di aver ucciso la tredicenne Yara Gambirasio il 26 novembre 2010 a Chignolo d’Isola.
A dare il suo imprimatur ai prelievi delle tracce genetiche – per il Ris si tratta di sangue – rinvenute su alcuni indumenti della vittima, è la Cassazione nelle motivazioni, depositate venerdì e di cui si è appreso oggi, che spiegano il ‘no’ alla istanza di scarcerazione di Bossetti deciso al termine dell’udienza del 25 febbraio.
I supremi giudici, con una sentenza molto ‘asettica’ che, come normale, rinvia al processo l’accertamento delle responsabilità dell’omicidio, sembrano con questo verdetto quasi prendere le distanze da alcuni gravi episodi di ‘barbarie mediatica colpevolista’ che si sono registrati su questo caso, tanto che il Garante della privacy Antonello Soru è intervenuto a tutela di Bossetti e contro i giornalisti ‘forcaioli’.
“Prima ancora dell’avvio del vero e proprio processo – ha detto il Garante – il ‘cittadino’ Bossetti è stato trattato in modo incivile e rappresentato come un mostro in prima pagina”. “Non spetta ai giornalisti – ha aggiunto Soro intervistato da Klaus Davi – emettere la sentenza usando i ferri di campagna, come accadeva una volta, prima che un processo di civilizzazione avesse trovato una norma che esplicitamente lo vietasse”.
La prima udienza del processo ci sarà il 3 luglio in Corte di Assise a Brescia. Quello di oggi davanti al gup, è stato solo un appuntamento tecnico al quale Bossetti ha partecipato forse per ‘spezzare’ la reclusione nel carcere di Bergamo. Con una motivazione di 23 pagine, delle quali dieci dedicate a respingere il ricorso della difesa di Bossetti, la Cassazione pur non escludendo che – come sostenuto dalla difesa dell’indagato – i campioni di Dna prelevati possano aver subito un grave deterioramento, affermano che questo “accertamento tecnico irripetibile” è stato condotto in maniera legittima nel febbraio del 2011 quando si procedeva ancora contro ignoti e quindi non era possibile darne avviso ai legali di Bossetti che venne indagato ed entrò in questa vicenda solo nel 2014.
“Laddove al momento dell’accertamento tecnico irripetibile si procede contro ignoti o contro un soggetto diverso da quello successivamente indagato (come nell’ipotesi che si sta considerando) nessuna garanzia difensiva deve essere rispettata, non essendo stato identificato l’indagato eventualmente beneficiario delle garanzie previste dall’art. 360 codice procedura penale”, rileva la Cassazione.
Secondo i giudici supremi, con un “percorso motivazionale coerente e immune da censure”, il riesame con ordinanza dello scorso 14 ottobre, ha affermato che “non solo è perfettamente valida la complessa serie di attività compiute dal reparto specializzato dell’Arma dei carabinieri, ma anche ne restano utilizzabili integralmente gli esiti, compendiati nella relazione conclusiva”.
In più passaggi la Cassazione, spiega che il suo intervento nella fase cautelare “ha un orizzonte necessariamente circoscritto” e “limitato”, “senza la possibilità di verificare l’adeguatezza di cui il giudice del merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, nel caso di specie riguardanti la legittimità delle verifiche eseguite dal Ris”. Per quanto riguarda la permanenza in carcere di Bossetti, la Cassazione spiega che il riesame la ha “adeguatamente” motivata data la gravità del delitto compiuto con una “condotta criminale efferata espressiva di una possibile ricaduta nel crimine, sintomatica di una personalità ‘altamente trasgressiva’”, per usare le parole dei giudici di Brescia.
(Foto Ansa)