BERGAMO – Tre mesi su un campo in mezzo alle sterpaglie, in pieno inverno, coperto da terra, pioggia, neve, colpito dal vento. Tre mesi in queste condizioni è rimasto il corpo di Yara Gambirasio, dal 26 novembre in cui la ragazzina è stata rapita e uccisa, al 26 febbraio quando venne ritrovato.
Ed è questo il dubbio che la difesa di Massimo Giuseppe Bossetti vuole insinuare nel giudice che dovrà decidere la scarcerazione, in favore dei domiciliari, per il carpentiere di Mapello. La procura non ha dubbi: il sangue trovato sugli slip e sui leggings della piccola ginnasta appartiene a Bossetti. Ma, ribatte la difesa, come è possibile che quella “prova regina” sia inconfutabile viste le condizioni a cui è stata esposta insieme al corpo della ragazzina?
Quaranta pagine i legali di Bossetti hanno scritto per motivare la loro istanza di scarcerazione. Nessuna prova decisiva, ma un dubbio su quel Dna, tanto che la difesa ha anche chiesto che venga estratto un nuovo campione dai leggings per confrontarlo nuovamente con quello di Bossetti. Il giudice ha qualche giorno per decidere, la prossima settimana si saprà se Bossetti potrà tornare a casa oppure se dovrà aspettare il proscioglimento o il rinvio a giudizio in cella.