BERGAMO – Il pomeriggio del 26 novembre 2010, quando Yara Gambirasio venne rapita intorno alle 18,45, Massimo Giuseppe Bossetti non era andato in cantiere a lavorare.
E’ la conclusione a cui sono arrivati i carabinieri, incrociando i tracciati lasciati dal cellulare e le testimonianze dei colleghi.
Ecco cosa scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:
I controlli effettuati subito dopo la sparizione della ragazzina consentono di affermare che le sue tracce si perdono alle 18,49 quando riceve un sms da una sua amica al quale non risponde. In quel momento il suo cellulare aggancia la stessa cella agganciata dal telefonino di Bossetti circa un’ora prima, esattamente alle 17,45. Le verifiche stabiliscono che l’uomo parlava con il cognato, lui aggiunge che l’ha fatto mentre stava tornando a casa.
Ma questa volta a smentire la sua versione sono i filmati registrati da più postazioni. La relazione dei carabinieri del Racis guidati dal generale Pasquale Angelosanto è di fatto terminata. E fornisce elementi precisi sul tragitto di quel furgone, individuato grazie a un particolare accessorio: un catarifrangente non di serie che Bossetti aveva montato sul retro del mezzo.
Il primo passaggio viene «registrato» dalla telecamera piazzata su una banca. Alle 18,01 lo inquadra poi quella che si trova sul pilone del distributore di benzina a pochi metri dalla palestra. Ma non è finita: mezz’ora dopo è ancora lì, ripreso dalla telecamera di una società privata che ha la sede di fronte al centro sportivo.
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