BERGAMO – “In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre, Fulvio Gambirasio. È la voce che girava e che sentivo ripetere ai colleghi mentre ero al lavoro”. Eccoli i verbali dell’interrogatorio di Massimo Giuseppe Bossetti, 43enne carpentiere di Mapello in cella di isolamento dal 16 giugno con l’accusa di avere rapito, seviziato e lasciato morire Yara Gambirasio.
Bossetti però dice di non aver mai visto Yara: “Voi adesso mi dite che il Dna è una prova scientifica importante? Va bene. Ma io giuro sui miei tre figli che Yara non l’ho mai né conosciuta, né vista, né incontrata. E che non sono io l’assassino”.
Paolo Berizzi e Piero Colaprico su Repubblica riportano:
Domanda del giudice: «Come fa a ricordarsi che era a casa? Parliamo di 4 anni fa…». Bossetti: «Perché sono un uomo metodico, un abitudinario. Faccio sempre le stesse cose: lavoro, doccia, cena, divano». Si legge a pagina 45 del verbale: «Io (il gip) le ho chiesto prima se c’era qualcosa di particolare che le tiene in memoria questa data (il 26). Perché se lo chiedono a me, cosa ho fatto 4 anni fa, non me lo ricorderei. Invece lei è stato molto preciso… «. «Sono tornato a casa dopo il lavoro — riprende Bossetti — ho fatto la doccia, ho cenato con moglie e figli, ho guardato un po’ i quaderni dei bambini, giocato con loro, che vanno sempre a letto alle 21. Poi sono stato sul divano a guardare la televisione».
Il focus che interessa al giudice è il Dna.
A domanda «come è possibile che il suo Dna si trovi sugli indumenti di questa ragazzina?», il muratore, il 19 giugno, risponde così: «E’ impossibile». Salvo aggiungere: «Se venisse dimostrato senza nessun dubbio che il Dna è mio, bisognerà capire perché è stato trovato lì. Io non lo so». L’8 luglio, secondo interrogatorio, Bossetti offre un nuovo «spunto investigativo » suggerendo agli inquirenti «ascoltate i miei colleghi di lavoro». La tesi difensiva ruota intorno all’epistassi di cui l’indagato soffrirebbe «da sempre» — lo conferma il 23 giugno, come abbiamo raccontato, la moglie Marita Comi — e all’ipotesi che «il mio sangue potrebbe essere finito su alcuni attrezzi poi utilizzati da qualcuno che ha ucciso Yara».
«Guardi che il Dna è una prova scientifica importante», butta lì il gip Enza Maccora. Qui Bossetti dipinge un autoritratto da uomo e padre modello. Dna? «Io mi proclamo ancora innocente. Non ho mai fatto male a nessuno. Ho 43 anni, ho la testa sulle spalle, un bel lavoro, una bella moglie e tre figli che mi aspettano a casa tutti i giorni. Mai avrei potuto fare una cosa così. Glielo posso giurare sui miei figli: non ho fatto niente».
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