Matilda Borin, morta a 22 mesi: e nessuno saprà mai perché

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Giugno 2014 - 11:37 OLTRE 6 MESI FA
Elena Romani, la mamma di Matilda

Elena Romani, la mamma di Matilda

VERCELLI – E’ morta a 22 mesi Matilda Borin, nella sua casa, per una lesione alla schiena. Forse un calcio, forse una violenta strattonata. E’ morta senza un perché, e soprattutto, nessuno saprà mai il perché e chi l’ha uccisa.

Manca il colpevole per la morte di questa bimba che nel 2005 venne trovata in una villetta di Roasio (Vercelli) morta per le conseguenze di una lesione alla schiena. La mamma, Elena Romani, una bella hostess all’epoca di 31 anni, è stata assolta in via definitiva nel 2012, mentre martedì, a Vercelli, il gip Paolo Bargero ha prosciolto dall’accusa di omicidio l’ex convivente della donna, Antonio Cangialosi, professione bodyguard. E così, a meno di colpi di scena in Cassazione, nessuno andrà in carcere.

Erano in due, insieme a Matilda, nella casa di Roasio: Elena e Antonio. La bimba, che era stata messa a dormire nel letto matrimoniale, piangeva disperatamente: aveva vomitato sulle lenzuola. La mamma la lavò, poi uscì a stendere i panni. Il convivente restò con Matilda e, ad un certo punto, vedendo che continuava a stare male, chiamò un’ambulanza. Inutilmente. Ma chi era stato a procurare le lesioni sul corpo di Matilda?

Scagionata in primo grado, Elena in appello trovò un giudice, Alberto Oggè, che non solo confermò l’assoluzione, ma indicò in Cangialosi l’autore di un gesto “insensato e feroce”: l’uomo, che secondo il magistrato non amava quella bimba non sua, una volta rimasto solo le aveva posato un piede dietro le spalle, schiacciandolo fino a farle un male irreparabile.

E così, mentre la Romani usciva di scena, il bodyguard – che pure era già stato prosciolto una prima volta – ha dovuto fronteggiare una nuova inchiesta. Con ogni probabilità sono stati decisivi i risultati dell’ultima perizia, che non ha confermato la ricostruzione del giudice Oggè.

Non finisce qui perché i legali di Elena Romani, Roberto Scheda e Tiberio Massironi, si rivolgeranno alla Cassazione. “Non siamo soddisfatti”, ammettono: “Ci sembra di essere tornati indietro di nove anni.Temiamo che non si voglia mai mettere la parola fine alla morte di una bimba che ormai siamo portati a credere che si sia suicidata”.