Matilda Borin, uccisa a 2 anni. Il giudice: “Cangialosi non può essere stato”

Elena Romani
Elena Romani

TORINO – Matilda Borin è la bambina di 22 mesi uccisa nella sua casa, nel 2005, con un calcio alla schiena. Quel giorno Matilda era in casa con la mamma Elena Romani e il compagno di quest’ultima, Antonio Cangialosi. Dopo l’assoluzione della mamma, il giudice ha assolto Cangialosi con questa motivazione: “Il colpo subito da Matilda non può essere stato inferto nel breve intervallo in cui è rimasta sola con l’imputato”.

Lo scrive il gip di Vercelli, Paolo Bargero, che il 3 giugno ha disposto il non luogo a procedere nei confronti di Antonio Cangialosi. Nel 2005, quando la bimba di 23 mesi venne uccisa da un calcio alla schiena, l’uomo era il compagno di Elena Romani, madre della piccola, e si trovava con lei nell’abitazione di Roasio in cui avvenne il delitto. Anche la donna è stata assolta.

Nelle motivazioni, il gip parla di “elementi inidonei a dimostrare la responsabilità dell’ imputato“. In primo luogo, si legge, “entrambi (Elena Romani e Antonio Cangialosi, ndr), con tutta evidenza, hanno una posizione del tutto equivalente quanto a interessi coinvolti, posto che dichiarando di non avere toccato la bambina implicitamente affermano che è stato l’altro a farlo”. In seconda battuta, il confronto tra i due fidanzati sulle condizioni di Matilda, quando fu trovata agonizzante in bagno, ebbe “esiti certamente non sfavorevoli al Cangialosi”. Inoltre, per il giudice, a differenza di quanto accade per Cangialosi, “si possono rinvenire alcune dichiarazioni della Romani contraddette dai fatti”.

E la donna, si legge ancora nelle motivazioni, è ritenuta “teste di non elevata attendibilità”. Nelle intercettazioni delle utenze di Cangialosi disposte dopo la riapertura dell’inchiesta, per di più, “non è emerso alcunché”. Infine, argomenta il giudice, c’è il risultato delle perizie disposte sul corpo della bambina, che aveva 23 mesi: “Se fosse stato Cangialosi a colpirla – avevano stabilito gli esperti -, lei avrebbe dovuto perdere conoscenza in un momento decisamente successivo al ristretto arco temporale in cui è rimasta sola con lui”. Il trauma, infatti, è “decisamente antecedente, di almeno 15 minuti“. Quindi, secondo il giudice, Cangialosi non poteva essere presente quando questo avvenne.

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