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Matrimonio salta a un passo dal sì: chi molla deve risarcire

di Warsamé Dini Casali |19 Ottobre 2015 14:48

Matrimonio saltato: chi molla deve risarcire, Cassazione

ROMA – Ha lasciato la promessa sposa con la scusa di avere un’altra relazione, dopo undici anni di fidanzamento e a una settimana di distanza dalla celebrazione del matrimonio: per questo comportamento scorretto e non giustificato, adesso Lorenzo L., classe 1970, deve risarcire la ex, Patrizia M. di un anno più giovane, mollata nel 1999 a un passo dallo scambio degli anelli dopo che la malcapitata, all’epoca quasi trentenne, si era comperata l’abito bianco e si era accollata un mucchio di spese (mobili e lavori in casa) in vista della loro vita coniugale.

La Corte di Cassazione ha così confermato un vecchio principio del Codice civile. Ad avviso dei magistrati chi fugge dal matrimonio fuori tempo massimo, ossia dopo le pubblicazioni, e senza motivo valido, deve rimborsare le spese sostenute dal partner in vista del sì. Senza successo, il promesso sposo pentito ha cercato di non pagare i 16.500 euro di risarcimento ai quali era stato condannato dalla Corte di Appello di Firenze il nove maggio 2011, come da lista spese esibita da Patrizia.

I magistrati di secondo grado – contrariamente a quelli del Tribunale di Prato che nel 2007 avevano bocciato la richiesta risarcitoria – avevano stabilito che Lorenzo doveva ridarle tutti i soldi che lei aveva speso per l’abito, l’acquisto dei mobili e i lavori di ristrutturazione dell’abitazione del fidanzato dove i due avrebbero dovuto vivere. I lavori erano stati supervisionati dalla stessa Patrizia, geometra.

Il verdetto è stato confermato dalla Suprema Corte che ha ritenuto “congrua e scevra da vizi logico giuridici” la sentenza di appello che “ha esaminato compiutamente tutte le testimonianze ritenendole non sufficienti a provare la sussistenza di un giustificato motivo di Lorenzo al non ottemperamento della promessa di matrimonio”. Invano, l’ex fidanzato inaffidabile ha protestato in Cassazione anche per quanto riguarda la quantificazione delle spese, liquidate a suo dire in misura eccessiva in quanto comprendevano non solo quelle contratte “per la celebrazione del matrimonio ma anche per ogni tipo di obbligazione relativa alla futura vita coniugale”.

In proposito gli ‘ermellini’ hanno concordato con la Corte di Appello che aveva osservato che “il totale degli esborsi si colloca tutto in epoca prossima al matrimonio evidenziando quindi il loro nesso eziologico con il matrimonio stesso”. Una linea di pensiero condivisa dalla Cassazione che ha aggiunto che “non possono non essere considerate risarcibili tutte quelle spese (giustificate e finalizzate) che si sostengono in vista del matrimonio”.

Pertanto, in questo caso, “correttamente” sono state ritenute – concludono il loro verdetto gli alti giudici – “risarcibili le spese provate da Patrizia e relative sia all’abito da sposa, sia agli arredi e sia ai lavori di ristrutturazione effettuati nella casa del futuro sposo, scelta quale casa coniugale”. Lorenzo è stato condannato anche a pagare 5.200 euro per le spese del giudizio di Cassazione.

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