TRAPANI – Il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro si dà all’olio. Olio doc. Le ultime indagini della polizia tributaria di Palermo hanno svelato un vero e proprio business che ruota attorno all’oleificio della società “Fontana d’oro” di Trapani, riferisce Salvo Palazzolo su Repubblica. E hanno portato al sequestro di beni e società per venti milioni di euro.
La società “Fontana d’oro”, spiega Palazzolo, era ufficialmente intestata a due fratelli imprenditori di Campobello di Mazara. In realtà, scrive il cronista di Repubblica,
“sarebbe stata diretta da uno dei fedelissimi della primula rossa, Francesco Luppino, che dava disposizioni dal carcere attraverso la moglie. Dopo le prime indagini e un sequestro, l’imprenditore trapanese Aldo Di Stefano si sarebbe prodigato per far trasferire due rami dell’azienda “Fontane d’oro” ad altri prestanome. Era l’ennesimo stratagemma per coprire la gestione di Luppino, l’uomo di Messina Denaro”.
I finanzieri hanno sequestrato anche una società che si occupa di edilizia e di movimento terra di proprietà dell’imprenditore Antonino Lo Sciuto, già arrestato nel dicembre scorso con l’accusa di aver gestito per conto della mafia trapanese alcune commesse pubbliche nella zona di Castelvetrano, roccaforte di Messina Denaro.
Spiega sempre Palazzolo:
“L’azienda di Lo Sciuto ha gestito le opere di completamento del Polo Tencologico di contrada Airone, a Castelvetrano, e i lavori per le piazzole del parco eolico “Vento Divino”, che sorge nel comune di Mazara del Vallo. Le intercettazioni dicono che i proventi di questi lavori sarebbero serviti per finanziare la latitanza dell’ultimo grande capomafia in libertà.
Gli ultimi provvedimenti di sequestro hanno raggiunto anche gli imprenditori Giovanni Filardo e Mario Messina Denaro, cugini del latitante; poi, Girolamo Cangialosi e Francesco Spezia, pure loro attivi imprenditori ritenuti prestanome del clan”.
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