ROMA – Tra le tracce proposte nella prima prova di italiano dell’esame di maturità 2018, una prende spunto da un articolo di Elisabetta Intini, pubblicato su Focus.it. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] L’argomento: il primo caso di clonazione tra primati non umani.
Un gruppo di scienziati cinesi ha prodotto due macachi geneticamente identici utilizzando la stessa tecnica che nel 1996 diede vita alla pecora Dolly, il primo mammifero clonato.
Quello descritto in un articolo su Cell è il primo tentativo di clonazione di un primate non umano terminato con successo, e in futuro, usato in unione con la tecnica CRISPR, potrebbe portare generazioni di scimmie geneticamente identiche da sfruttare nel campo della ricerca biomedica. Questa prospettiva, insieme al timore che il passo verso la clonazione umana sia ora più corto, hanno suscitato molte perplessità nella comunità scientifica.
La tecnica chiamata trasferimento del nucleo di cellule somatiche consiste nel prelevare il nucleo di una cellule da un tessuto animale (in questo caso, cellule fetali) e inserirlo in una cellula uovo dalla quale sia stato rimosso il nucleo contenente il DNA. La combinazione risultante è trattata con combinazioni di enzimi e riportata allo stato embrionale, in modo che le sue cellule possano differenziarsi in ogni tipo di cellula del corpo, come per una cellula uovo appena fecondata. A questo punto, il tutto viene impiantato in una madre surrogata (guarda l’animazione in Flash oppure il video qui sotto (ingrandendolo per favorire la lettura).
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I precedenti tentativi di clonare primati non umani avevano prodotto embrioni vitali ma non gravidanze efficaci. Anche in questo caso il tasso di successo è stato basso: soltanto due baby macachi ottenuti da 79 embrioni clonati, impiantati in 21 madri scimmie surrogate. I macachi sopravvissuti e nati sani sono stati chiamati Zhong Zhong (che oggi ha 8 settimane) e Hua Hua (sei settimane), due termini che in mandarino significano “nazione” e “popolo”.
Secondo Mu-ming Poo, direttore dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia Cinese delle Scienze di Shanghai, che ha guidato la ricerca, il successo ottenuto si deve alla combinazione di nuove tecniche microscopiche per osservare lo sviluppo delle cellule e di nuovi composti per incoraggiare la riprogrammazione cellulare.
Gli scienziati non hanno accennato alla possibile clonazione umana tra gli sviluppi futuribili della tecnica, ma al suo utilizzo nel campo della ricerca biomedica: in combinazione con tecniche di editing genetico, potrebbe essere usata per creare modelli di primati non umani di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer, o derivanti da mutazioni genetiche come alcuni tipi di cancro. Una prospettiva che solleva controversie etiche importanti in tutta la comunità scientifica.