ROMA – Da sabato 31 ottobre Maurizio Abbatino è libero, ma ha una taglia sulla testa, scrive Emiliano Liuzzi sul Fatto Quotidiano. Si tratta del “Crispino” della Banda della Magliana, il “Freddo” di Romanzo Criminale. Uno che, un po’ per delusione “professionale” un po’ per vendicare il fratello barbaramente ucciso e gettato nel Tevere, ha scelto di fare i nomi di tutta l’organizzazione criminale di cui faceva parte. Organizzazione della quale era uno dei boss.
Ma adesso la libertà che si è guadagnato facendo il collaboratore di giustizia porta anche con sé i pericoli della vendetta. Abbatino, che è ritornato del quartiere nella casa dei suoi genitori, rischia di essere ammazzato perché è senza protezione. E perché la Magliana ha continuato ad uccidere tutti quelli che hanno parlato o “sgarrato”, che poi è la stessa cosa. Scrive Liuzzi che, in realtà, “come (Abbatino) abbia ottenuto la libertà resta un mistero”:
“Abbatino, sette anni fa, chiese di uscire dal programma di protezione, ma non ricevette risposta. La sua richiesta non venne presa neanche in considerazione.
Pochi giorni dopo l’ordinanza di arresto per Mafia capitale, quella che ferma i giochi sporchi di Massimo Carminati, un tempo amico del Crispino, inaspettatamente, viene accolta. Alla vigilia del processo, Abbatino ha ritrovato il suo vecchio nome e la sua casa. Ha ricevuto solo una minima parte della liquidazione di chi entra nel programma testimoni, non ha un soldo.
Ma torniamo all’informativa, e a quello che ricostruisce, in maniera capillare. Anonima, ma dettagliata, scritta da qualcuno che sa di cosa parla e ricorda che l’ultimo omicidio ascrivibile alla banda della Magliana è di un anno fa, quando viene freddato Silvio Fanella.
“Il 3 luglio del 2014, Egidio Giuliani e altri complici si presentavano vestiti da finanzieri e muniti di tutto il necessario per un sequestro di persona, a casa di Fanella, già condannato a 9 anni di reclusione nel processo per la maxitruffa di Fastweb-Telecom Italia Sparkle, personaggio legato, sin dai tempi di comune militanza in organizzazioni eversive della galassia neofascista, a Gennaro Mokbel, imprenditore al centro di numerose inchieste, ritenuto una delle menti del raggiro”.
Forse volevano soldi e diamanti, ma il forse non esiste sulla provenienza dei killer: sono menti della Banda della Magliana, quella che vive ancora oggi, come un altro pentito, Antonio Mancini, ha spiegato sempre al Fatto. Ma se Mancini era un ragazzo di malavita, Abbatino aveva un ruolo diverso: era il capo.
“L’estrema pericolosità di quella che fu la Banda della Magliana, l’efferatezza, i molteplici crimini, i suoi collegamenti con altre associazioni di tipo mafioso e di criminalità organizzata e terroristiche”, si legge nel documento, “dimostra anche la diluizione nel tempo dei gravi reati in grado di commettere ancora oggi. E spesso hanno sempre agito con lunghi intervalli tra azioni e reazioni premeditate.
Ne sono un esempio i cinque anni intercorsi tra la collaborazione di Claudio Sicilia, risalente al 1986, ed il suo omicidio, avvenuto il 18 novembre 1991 e ancora senza colpevoli. Fra gli altri soggetti accusati da Abbatino, vi erano Carminati, Ernesto Diotallevi, Enrico Nicoletti, Manlio Vitale, Michele Senese e Salvatore Nicitra, da sempre al centro di lucrosi traffici criminali”.
E ancora: “Molti degli ex luogotenenti di Abbatino ancora vivi al tempo della celebrazione dei processi, hanno trovato la morte successivamente, nel corso degli ultimi anni, da Lillo Rosario Lauricella, ucciso a Caracas nel novembre 2002 (ma evocato nelle indagini sul “Mondo dimezzo”) a Giuseppe Valentini, ucciso il 22 gennaio 2005, a Umberto Morzilli, ucciso a Centocelle il 29 febbraio 2008 (tutti in qualche modo legati a Nicoletti e con lui “in affari”, come pure Salvatore Nigro, “sparito” nel nulla nel 1997); da Paolo Frau, ucciso ad Ostia il 18 ottobre 2002, a Emidio Salomone, anche lui ucciso ad Ostia il 4 giugno 2009, implicati ancora in giri di usura ed estorsione; da Fabio Carichino e Franco Calabrese, uccisi ad Ostia il 16 dicembre 2006 a Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, uccisi anche loro ad Ostia il 22 novembre 2011; da Flavio Sim mi, assassinato nel cuore di Roma il 5 luglio del 2011, ad Angelo Angelotti (già condannato per concorso nell’ omicidio di Enrico De Pedis), ucciso il 28 aprile 2012, durante un maldestro tentativo di rapina a Mostacciano.
Il susseguirsi, nell’arco di oltre un decennio, di questi omicidi segnala come molti di coloro che appartennero alla Banda siano ancora attivi. Tra la storia di vent’anni fa e quella del Mondo di mezzo compaiono fatti e ritornano dei cognomi. Si rivedono metodi e capacità criminale che intrecciano malavita, camorra, ‘ndrangheta, mafia. Abbastanza per pensare che le traiettorie del vecchio gruppo non si siano esaurite. Per nulla esaurite.