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I servizi segreti smentiscono Sacconi: “Nessun rischio terrorismo”

di Maria Elena Perrero |31 Ottobre 2011 17:25

ROMA – Nessuna ripresa della propaganda armata: i servizi segreti italiani smentiscono l’allarme lanciato dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi su una possibile ripresa della lotta armata come reazione alle nuove norme sui licenziamenti. 

Secondo quanto riporta Carlo Bonini su Repubblica, Aisi, Ros e Ucigos (la direzione centrale della polizia di prevenzione) affermano che non esistono informazioni sull’allarme lanciato da Sacconi.

Dall’Aisi, i servizi segreti interni, dicono: “Se la domanda è: esistono informazioni specifiche su singoli o sigle che segnalano la ripresa della propaganda armata, allora, la risposta è un rotondo “no”. Queste informazioni non esistono. O, quantomeno, l’Aisi non ne ha trasmesse all’autorità politica. Se invece la domanda è se esistono, in questo momento, condizioni sociali e di piazza capaci di creare un terreno fertile alla propaganda armata, allora la risposta è “sì”. Ma in questo caso siamo non solo nel campo del buon senso, ma direi pure dell’ovvio. E’ la differenza che passa tra una notizia di intelligence, che al momento non c’è, e un’analisi della fase politica del Paese, che come tale ognuno è libero di valutare”.

”Quello che è successo a Roma è sì sintomo di insofferenza giovanile, ma indica anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta”, ha quindi affermato Sacconi.

Stessa musica al Ros, il reparto operativo speciale dei carabinieri, e dall’Ucigos, che parlano di un “incremento significativo” dell’aggressività dell’area cosiddetta anarco-insurrezionalista, ma nulla che accrediti la possibilità, in tempi brevi, che da questa scaturiscano organizzazioni clandestine armate. “Quando si parla di precursori della lotta armata – ragiona un alto ufficiale dell’Arma – si fa indubbiamente riferimento a condizioni che oggi possono anche essere rintracciate nel quadro difficilissimo che sta attraversando il Paese. Ma quando dall’analisi si scende nella concretezza di ció che puó accadere di qui ai prossimi mesi, gli indicatori, sotto il profilo della prevenzione e dell’indagine sono altri. Faccio qualche esempio: la produzione ideologica, la scoperta di rapine di autofinanziamento, la rivendicazione di atti di violenza politica non di piazza, ma che alla piazza devono parlare. Ecco, questo quadro oggi è assente. E questo fa prevedere con ragionevole certezza che non siamo in una situazione in cui un’area di disagio sociale è pronta a passare armi e bagagli alla clandestinità armata. Quantomeno in tempi brevi”.

 

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