Melfi, Luigi Nicola Carnevale licenziato per una sigaretta. Reintegrato 15 anni dopo

MELFI – A giugno del 2002 si vide recapitare una lettera di licenziamento per “aver fumato una sigaretta durante l’orario di lavoro”. Quindici anni dopo la Cassazione ha disposto la sua reintegra a titolo definitivo. Protagonista è un operaio foggiano, Luigi Nicola Carnevale, che lavorava negli stabilimenti della Sata, oggi divenuta Fca-Sata, a Melfi. Già nel 2014 la Corte d’appello di Potenza aveva disposto il suo rientro in fabbrica, a titolo provvisorio. Ma l’azienda non ha voluto rinunciare al ricorso in Cassazione, che ha dato ragione una volta per tutte all’operaio.

Carnevale lavorava alla filiera di produzione delle vecchie Punto quando si prese la libertà di una pausa sigaretta. Nella lettera di contestazione l’azienda gli faceva notare, oltre all’errore fatale di “aver reso una prestazione lavorativa non conforme alle istruzioni ricevute ed essere inciampato in un pallet procurandosi volontariamente un infortunio”. Ci sono voluti 12 anni perché l’operaio riuscisse a smontare il provvedimento disciplinare subito ingiustamente. Nel 2014 i giudici di Potenza hanno riconosciuto le sue ragioni imponendo il suo temporaneo ritorno in fabbrica. Nel frattempo negli stabilimenti di Melfi hanno cominciato a produrre le Jeep e le 500X al posto delle Punto.

La Suprema Corte ha ora confermato quanto stabilito dalla corte di Potenza. Il “non corretto espletamento della prestazione lavorativa” si motiva, secondo la Cassazione, perché “soltanto il giorno precedente era stato assegnato a quella postazione, sicché l’errore era ascrivibile alla scarsa esperienza del lavoratore”. Anche il precedente infortunio non segnalato in maniera tempestiva andrebbe giustificato “in considerazione del fatto che l’evento […] si era verificato a fine turno; che non avendo reperito il responsabile, il ricorrente si era recato in infermeria per farsi medicare, denunciando in detta sede l’infortunio; che il giorno successivo aveva trasmesso la documentazione medica rilasciata dal pronto soccorso dell’ospedale di Foggia”.

L’unico punto che restava da smontare era quindi la sigaretta fumata sul posto di lavoro. Ci ha pensato la Cassazione: “Sicché il provvedimento espulsivo non poteva ritenersi coerente con le previsioni contrattuali collettive che giustificavano il recesso intimato, palesandosi del tutto sproporzionato”.

 

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