Coperture, dove le coperture, cioè i fondi, i soldi per finanziare i 36/37 miliardi di spesa della Legge Bilancio made in Meloni? Una ventina abbondante sono e saranno nuovo debito pubblico (il famoso scostamento di bilancio non messo in atto nel 2022 arriva invece nel 2023). Certo meno dei sessanta, almeno, miliardi di scostamento/debito invocato da Salvini. Certo meno di quanto era nei programmi elettorali e nelle intenzioni reali di M5S-Verdi-Sinistra Italiana che quanto a finanziare a debito la spesa pubblica non sono secondi a nessuna Lega o Forza Italia. Ma sempre 20/25 miliardi a debito, cioè denaro da farsi prestare da qualcuno e su cui pagare interessi. E gli altri, gli altri miliardi per arrivare e 36/37 di spesa? Tre miliardi l’anno vengono dai pensionati. Sì, proprio dai pensionati. Quelli talmente “ricchi” da incassare a fine mese assegno pensione da 2.101, 52 euro in su. Beninteso lordi.
Pensionati esenti da inflazione?
C’è inflazione fissata nei parametri di calcolo fissati da legge al 7,9 per cento nel 2022. C’è legge, anzi c’era, che garantiva ai pensionati rivalutazione delle pensioni percepite pari al 100 per cento o al 90 per cento o al 75 per cento dell’inflazione. Fino ad una certa cifra di assegno, pensione rivalutata del 100 per cento dell’inflazione (nel caso circa il 7% dell’importo), oltre una certa cifra assegno rivalutato al 90 per cento dell’inflazione (quindi al circa 6 per cento dell’importo), oltre ancora (pensioni medio-alte) rivalutazione al 75 per cento dell’inflazione (quindi assegno rivalutato circa 5 per cento dell’importo). Rivalutazioni al lordo delle tasse. Con Legge Bilancio made in Meloni inflazione ovviamente resta, rivalutazione pensioni massicciamente svanisce. Non più tre fasce (cento, novanta e settantacinque per cento) ma sei fasce. L’ultima da 75% di rivalutazione pensione cala al 35%, è più che dimezzata. Secondo legge di Bilancio made in Meloni da 2100 lordi al mese in su l’inflazione i pensionati se la pagano (o se la piangono) in buona parte da soli.
Quanto in meno
I conti li si trovano sul Sole 24 Ore. Una pensione da 2.500 euro lordi mensili si vede sottratti, rispetto alla rivalutazione precedentemente di legge, 18 euro al mese. Una pensione da quattromila euro lordi si vede sottratti, rispetto alla rivalutazione precedentemente di legge, 73 euro al mese. Una pensione da seimila lordi mensili si vede sottratti, rispetto alla rivalutazione di legge precedente, 175 euro al mese.
Quanti pensionati colpiti
I conti del Sole 24 Ore dicono tre milioni i pensionati colpiti, quindi un pensionato su cinque. Non proprio pochissimi privilegiati o comunque bagnati dalla fortuna, non di rado sudata, di pensioni di alto importo. Qui si parla di assegni mensili netti da duemila euro che vengono colpiti dal mancato adeguamento, dall’adeguamento parziale per pensioni da tremila netti, dell’adeguamento quasi azzerato per pensioni da 3.500 netti. Pensioni né d’ora né d’argento che si lascia l’inflazione le faccia di lamierino se non di latta.
Una ragione c’è: far cassa grossa
Tagliando la rivalutazione alle pensioni sopra i 2000 lordi mensili si spende di spesa previdenziale circa tre miliardi in meno l’anno. E non per un anno, per i pensionati praticamente per sempre. Nel triennio 2023-2025 circa 10,2 miliardi in meno nelle pensioni. In dieci anni minore spesa di 36,8 miliardi. E per i pensionati taglio che resta a vita: anche le successive rivalutazioni saranno calcolate sulla base degli importi on cresciuti, quindi il taglio è stabile quanto esponenziale.
Una follia c’è: mandare in pensione e mollarli lì
Oltre alla ragione di far cassa grossa (dove altro trovi tre mld l’anno di minor spesa senza alti lai e sociali tremori?) c’è anche una persistente follia. Da anni e anni governi, sindacati, partiti, e pubblica opinione spingono e salutano con favore e aspirano e puntano a mandar quanta più gente in pensione possibile e il prima possibile in termini di età e contributi (la storia della legge Fornero che obbliga ai 67 anni è appunto una storia, un bau-bau. La legge Fornero è sempre stata in vigore con tante e tali eccezioni che in Italia l’età media del pensionamento reale non ha mai superato o 62 anni). Mandare in pensione, anche senza contributi o con contributi minimi. Mandare in pensione per ristrutturare aziende. Mandare in pensione a risarcimento lavoro precoce, oppure genere, oppure obsolescenza ramo produttivo.
Oppure mandare in pensione come scelta di welfare universale e, alla bisogna, anche clientelare. Mandare in pensione che la gente, mandata in pensione, è contenta di andare in pensione. Mandare in pensione e avere così circa 16 milioni di pensionati che percepiscono circa 21 milioni di assegni pensione mentre si assottiglia il rapporto tra pensionati e produttori di reddito. Mandare in pensione più gente possibile per farla contenta e poi mollarla lì con pensioni immobili perché non si hanno le risorse, i soldi, i miliardi per tenerceli in pensione. E uno dei motivi per cui queste risorse, soldi, miliardi non si hanno è che li si è mandati in pensione troppo presto e/o con troppo pochi contributi pagati. Una follia, una schizofrenia, uno sdoppiamento di personalità sociale e politica che appare proprio malattia degenerativa e inguaribile.