Processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito: “Niente tracce di dna sul coltello che uccise Meredith”

Pubblicato il 25 Luglio 2011 - 11:29 OLTRE 6 MESI FA

Amanda Knox

PERUGIA – Nel processo d’appello ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, condannati in primo grado a 26 e 25 anni di reclusione per l’omicidio di Meredith Kercher, all’ordine del giorno c’è l’esposizione della perizia genetica sul gancetto del reggiseno di Meredith e sul coltello, ritenuto in primo grado l’arma del delitto.

I due professori dell’università La Sapienza di Roma che l’hanno scritta, Carla Vecchiotti e Stefano Conti, hanno iniziato la loro esposizione, sostenendo che non c’era alcuna traccia di sangue sul coltello che in primo grado venne identificato come l’arma con cui venne uccisa Meredith Kercher. In particolare i periti il 9 febbraio scorso, dopo aver aperto i reperti, il coltello e il gancetto del reggiseno, hanno eseguito sul coltello test per verificare se vi fosse o meno presenza di traccia ematica sul coltello stesso. Il test aveva dato esito negativo. Il test per la presenza di cellule aveva invece evidenziato la presenza di cellule di amido sull’attaccamento della lama al manico, che secondo i periti sarebbe amido di segale. I periti stanno proseguendo ora esponendo le tecniche di sopralluogo nel luogo del delitto. In aula Amanda Knox e Raffaele Sollecito che ripongono molte speranze in questa perizia.

Nella perizia i due tecnici hanno sostenuto che il lavoro della polizia scientifica, secondo gli atti che hanno avuto a disposizione per valutarlo, non è attendibile. Si preannuncia uno scontro molto acceso tra accusa e difesa. In aula sono presenti i familiari di Amanda giunti dagli Usa e il Tribunale è assediato dalle telecamere dei grandi network americani.

Nella nuova perizia invece gli esperti hanno ribadito che non ci sono tracce di dna che possano ricondurre ai due ex fidanzati. In particolare sulla punta della lama del coltello non è stato ritrovato neanche il dna della vittima, come invece era stato verificato dai periti dell’accusa nel primo processo, che ha portato alla condanna di Raffaele e Amanda. Non c’è traccia del dna di Sollecito sul gancetto del reggiseno che rappresentava l’unica prova della presenza del ragazzo pugliese nella casa del delitto. Dunque una perizia che smentisce le sicurezze acquisite nel primo grado di giudizio e allo stesso tempo riapre il dibattito sull’innocenza dei due ex studenti, che si sono sempre dichiarati innocenti, anche dopo quattro lunghissimi anni di carcere già scontati.