FIRENZE – Il conto alla rovescia è partito. Arriverà giovedì, probabilmente a pomeriggio inoltrato, la sentenza dell’appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il primo novembre 2007.
Due gli imputati, Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Amanda certamente non sarà in aula, a Firenze: lei è negli Stati Uniti. Più fluida la situazione per quanto riguarda Raffaele. Secondo il padre non ci sarà neppure lui: aspetterà la decisione dei giudici da casa, a Bari. Ma non è detto: Guido Ruotolo sulla Stampa, per esempio, parla di un Sollecito presente in Aula. Potrebbe essere presente, invece, la sorella di Meredith, Stephanie.
Il pg ha chiesto pene di 30 anni per Amanda (compresi i 3 già definitivi per la calunnia a Lumumba) e di 26 per Raffaele. Non solo: ha chiesto pure che, in caso di condanna, la Corte d’assise d’appello di Firenze disponga delle misure cautelari, in modo che i due imputati restino a disposizione della giustizia fino a quando – e se – le pene diventeranno definitive, con la decisione della Cassazione.
La corte d’assise d’Appello, quindi, potrebbe disporre per Amanda e Raffaele misure che vanno dal divieto di espatrio all’arresto. La loro applicazione sarebbe immediata per Sollecito; per Amanda, invece, entra in gioco quanto prevedono i trattati fra Stati Uniti e Italia.
Il processo di Firenze è un Appello bis: in primo grado, a Perugia, Amanda venne condannata a 26 anni e Raffaele a 25. I due fidanzati vennero assolti in appello. La Cassazione ha poi annullato quella seconda sentenza, ordinando un nuovo processo.
Secondo la procura di Perugia, il movente dell’omicidio fu un gioco erotico finito male. Il sostituto procuratore generale della Toscana, Alessandro Crini, ha invece ipotizzato una lite nata da vecchie ruggini fra Amanda e Meredith per la pulizia della casa e innescata, quella sera, dalla presenza di Rudy Guede (già condannato in via definitiva a 16 anni), che andò in bagno lasciandolo poi sporco. Anche questo movente “camaleontico”, sostiene uno dei difensori di Raffaele, l’avvocato Giulia Bongiorno, è un elemento di debolezza dell’accusa. “L’aggressione è stata fatta da una sola persona – è la tesi della difesa – e quella persona è stata condannata”: è Rudy Guede.
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