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Picchiato senza motivo da 6 giovani ubriachi. Venezia contro lo “sballo facile”

di Daniela Lauria |10 Settembre 2012 12:18

VENEZIA – Gabriele Sinopoli, fratello del famoso direttore d’orchestra, è stato aggredito e picchiato senza ragione una settimana fa a Mestre. Due colpi di clacson, un gruppo di giovani barcollanti aggrediscono il veicolo e tirano un pugno in faccia al malcapitato Sinopoli che aveva malauguratamente abbassato il finestrino. Poi l’inseguimento fino a casa e il pestaggio del sessantatreenne ex direttore di banca, finito in coma dopo due giorni. Ora Sinopoli ha riaperto gli occhi ma i veneziani ormai temono per la loro incolumità e chiedono all’amministrazione di porre un argine alla movida senza freni.

I colpevoli sono stati individuati, tutti tra i 25 e i 30 anni, provenienti dalla prima periferia di Mestre, alcuni con precedenti per rissa. Il pm Stefano Buccini li ha indagati per lesioni gravissime e danneggiamento.

Tutta colpa del binge drinking, denunciano i veneziani, bere per sballarsi a prezzi modici: tecnicamente l’assunzione di 5 o più bevande alcoliche in un lasso di tempo brevissimo. Poi aspetti che la botta sale e tutto diventa possibile. Orde di ragazzi violenti si riversano in strada dai bar del centro e la rissa è garantita.

Il vicesindaco Sandro Simionato punta il dito sulla movida cittadina degenerata in sballo facile: “Drink a prezzi troppo bassi”, denuncia. “Se si vende lo spritz a 1,5 euro al bicchiere significa che con 10 euro in tasca ne bevi sei e che l’aperitivo offerto è di qualità piuttosto scarsa rispetto alla ricetta di cui il Veneto rivendica la paternità”. Lo spritz è la bevanda-simbolo dell’aperitivo veneziano, nasce nel 1797, anno dell’invasione austriaca. I soldati dell’impero austriaco di stanza nella Repubblica della Serenissima  non reggevano l’alta gradazione dei vini veneti, per questo allungavano con l’acqua o con il seltz. Da qui il nome, dal verbo tedesco spritzen che vuol dire “spruzzare”. La ricetta si è arricchita di ingredienti nel tempo: vino bianco, Aperol o Campari, acqua frizzante e soda. “Confermo – assicura Marco D’Agostini, il titolare del Barabba di Padova, premiato come miglior locale d’Italia per questo drink, uno che ne sforna ettolitri a settimana – Se il vino è buono e il liquore autentico, non puoi venderlo a meno di 2 euro, non ci stai dentro con i costi”.

E Simionato si è già dato da fare: “Voglio i gestori intorno a un tavolo per un accordo di responsabilità: numero massimo di bicchieri, acqua gratuita, sale di decompressione dove abbassare la temperatura corporea e trasporto gratuito dei ragazzi”.

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