Migranti della cattedra: in 4 anni 342mila prof hanno cambiato scuola

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Migranti della cattedra: in 4 anni 342mila prof hanno cambiato scuola (Ansa)

ROMA – Porti chiusi e scuole aperte, aperte ai migranti della cattedra. Aperte per quei 342mila prof che negli ultimi 4 anni hanno cambiato scuola almeno una volta. Poco meno di 100mila ogni anno. Un vero esercito, un popolo in movimento che tende ad andare verso Sud. E’ la cosiddetta mobilità degli insegnanti.

Negli ultimi 4 anni si sono spostati lungo la penisola 342.374 docenti; di questi, 57.580 sono andati in un’altra regione, vale a dire il 16,8 per cento, mentre gli altri 284.794 si sono mossi rimanendo all’interno della regione di partenza. Se si eccettua il biennio 2016/17, quando le partenze sono state record per effetto della mobilità obbligatoria prevista per tutti gli assunti della Buona Scuola, ogni altro anno ha cambiato scuola il 10% del corpo docente. E persino di più sarebbero stati quelli che avrebbero voluto spostarsi. Per il 2019/20 sono state presentate infatti 115.534 di trasferimento, e ‘solo’ 63.997 accolte; l’anno prima le richieste accolte erano state 58mila su 129mila (il 45%).

Ragioni diverse dietro a diversi spostamenti ma, in generale, i prof con la valigia tendono ad andare verso Sud, in quella direzione perché tornano a casa. E’ la mobilità di ritorno che vede tanti insegnanti meridionali rientrare nei paesi e nelle città d’origine appena possibile. Sono questi quelli che animano la maggior parte dei trasferimenti fuori regione.Nel Mezzogiorno, invece, gli spostamenti sono quasi sempre effettuati in un raggio d’azione vicino casa, non si torna dove si hanno le radici in questo caso ma si cerca la scuola magari più comoda o prestigiosa nel proprio circondario. Spesso però ne deriva un effetto domino che produce, da Firenze in su, un progressivo svuotamento delle cattedre e un conseguente boom di supplenze. E tra qualche settimana ne avremo l’ennesima prova quando veleggeremo verso la quota record di 200mila supplenti per il prossimo anno scolastico.

A settembre invece conosceremo il destino delle 59mila assunzioni, di cui 14.552 sul sostegno, annunciate dal ministro Marco Bussetti. Complici i ritardi nell’avvio dei concorsi – anche a causa della necessità di trovare una soluzione tampone per i precari con oltre 3 anni di servizio – è probabile che assisteremo allo stesso film dell’anno scorso quando il governo ha autorizzato 57mila immissioni in ruolo, ma circa la metà non è andata a buon fine per carenza di candidati, soprattutto al settentrione, in parte per gli stessi motivi che mettono in marcia i migranti della cattedra.

Stupisce in un certo senso che questa iper mobilità non abbia effetti negativi sugli studenti. O almeno secondo quel che dicono i test invalsi. Al nord infatti c’è la percentuale più alta di mobilità, di più sono cioè gli insegnanti che cambiano scuola senza quindi completare un ciclo didattico e lasciando gli studenti dopo solo parte del programma. E al nord i risultati dei test invalsi, quelli cioè che valutano la qualità dell’insegnamento esaminando la preparazione dei ragazzi, sono mediamente più alti. Segno forse che avere a che fare con persone ed insegnanti diversi è più formativo.

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