Mike Bongiorno: Hayden non era suo figlio

Pubblicato il 31 Dicembre 2009 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA
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Philip Hayden dal 1984 sosteneva di essere il figlio di Mike Bongiorno

Philip Hayden, l’uomo che dal 1984 reclama Mike Bongiorno come suo padre naturale, ha perso la causa di riconoscimento. Con una sentenza depositata il 23 dicembre scorso, i giudici del Tribunale di Milano hanno rigettato la sua richiesta.

Per Mike non ci sarebbe stato regalo di Natale più gradito. Cinque lustri di battaglie legali. Se le ricorda tutte, Mino Auletta, avvocato milanese e caro amico di Bongiorno per oltre 35 anni. «Era il 1984. Dopo una serie di azioni di disturbo, compresi alcuni appostamenti, Hayden avviò le procedure per il riconoscimento di paternità naturale».

Per raccontare l’intera storia bisogna tornare al 1952, quando Michael Nicolas Salvatore Bongiorno, giovane presentatore italo-americano cresciuto tra New York e Torino, conobbe a Roma la vicina di casa Ruth Hayden, inglesina di 22 anni. Tra i due, entrambi reduci da un matrimonio fallito, pare fosse scoppiato l’amore. Nel ’55 la ragazza rimase incinta. Philip — capelli biondi, occhi azzurri, una vaga somiglianza con il re del quiz— nacque a Londra nell’aprile del ’56. Ruth gli diede il cognome del marito (da cui poi divorziò): Spencer. Lo fece cambiare in Hayden molto più tardi.

Quasi trent’anni di silenzio. Poi, nel 1984, la causa di Philip contro Bongiorno. «All’epoca — spiega Auletta — erano previste due fasi processuali. Una di ammissibilità e, quindi, una di merito. La prima, con due appelli e due sentenze di Cassazione, è durata fino al 1999. La seconda è stata avviata nel 2006».

Ci furono molte rivelazioni scandalistiche. I giornali del 1993 titolavano così: «Arrenditi papà Mike, anche il Tribunale mi dà ragione», riferendosi alla Cassazione che dichiarava ammissibili le richieste di Hayden in applicazione del diritto italiano (in precedenza erano state rifiutate perché al caso doveva essere applicato il diritto inglese secondo cui «la madre può richiedere un accertamento di paternità nel termine massimo di tre anni dalla nascita»). Per Philip, che nel frattempo si era trasferito a San Juan de Porto Rico, sembrava fatta.

Poi arrivò l’ora della prova del Dna. Mike si dichiarò disponibile a sottoporsi al test. E quando i giudici italiani diedero l’ok al prelievo di sangue, «colpo di scena»: alla prima data stabilita per gli accertamenti, nel novembre 2007, Philip non si presentò. Certificato di indisposizione firmato da un agopunturista portoricano. E altre improbabili scuse fino all’ultimo appuntamento mancato, nel giugno 2008. Mistero. Con tanto di rinuncia al mandato da parte dei difensori di Hayden.

«E a quel punto — analizza l’avvocato di Bongiorno — i giudici di Milano, valutando il comportamento delle parti, hanno deciso: la domanda di Hayden è stata rigettata». Sentenza definitiva. Dovuta non tanto a un prelievo mai fatto, ma a una battaglia legale combattuta per anni nelle aule di giustizia di mezzo mondo: Milano, New York, Londra, Porto Rico. L’unico rammarico: la sentenza è arrivata troppo tardi. Doveva essere depositata a giugno. Poi, per slittamento dei termini, è passata a dicembre. Mike Bongiorno è mancato l’8 settembre scorso. «Lo vidi l’ultima volta il 4 agosto. Anche allora parlammo del caso. Sapeva che sarebbe stata questione di poco». Aveva ragione, Mike. La sua vittoria è giunta per Natale. Un regalo postumo. Per lui e per la sua famiglia. Quella vera.