MILANO – A Milano, soprattutto in alcuni quartieri come San Siro, Lorenteggio e Giambellino, l’occupazione delle case è quasi una “moda”, spiega Giulia Crippa del Comitato di quartiere San Siro del Sunia: dal 30 giugno al 30 settembre sono stati centounidici gli alloggi recuperati con il solo intervento della task force dell‘Aler (l’azienda milanese delle case popolari). La stessa task force è dovuta intervenire ben 943 volte e gli alloggi sono stati recuperati in 516 occasioni. Per contro, ben 197 volte le occupazioni sono andate a buon fine per il mancato intervento delle forze dell’ordine e 148 volte per assenza di assistenti sociali.
Questi sgomberi non sono a costo zero, spiega sempre Crippa all’agenzia Agi:
“Sgomberare un alloggio può arrivare a costare anche 10mila euro: ci vogliono l’assistente sociale se in presenza di donne e bambini, l’ispettorato Aler, la polizia, il veterinario se ci sono animali domestici, l’ambulanza per eventuale soccorso medico e poi fabbri e tecnici per aggiustare gli infissi e le serrature e rimontare le lastre. Magari con quei soldi si possono sistemare altri alloggi e gli impianti luce e gas”.
Sulla vicenda Andrea Galli e Gianni Santucci del Corriere della Sera hanno scritto un interessante articolo sul Corriere della Sera:
“Un pezzo di cemento caduto sul pavimento, fenditure nere si allungano fino a terra nell’intonaco rosa, la scatola della presa elettrica penzola appesa a un filo. La porta resisteva. E così hanno spaccato il muro. Via Ricciarelli, quartiere San Siro, sabato 25 ottobre, ore 15: tre ragazze rom stanno sedute sul bordo dell’aiuola nel cortile, la madre tiene in mano due sacchetti, il poliziotto restituisce i documenti. Sgomberate «in flagranza». Avevano occupato nella notte. Questa però non è un’occupazione, nella denuncia il reato verrà classificato come «violazione di domicilio». Perché quell’alloggio popolare, a poche centinaia di metri dallo stadio «Meazza» di Milano, era abitato. Assegnato a un uomo ricoverato in ospedale per problemi psichiatrici.
Le denunce del genere, nell’ultimo anno, sono più di 50. È la frontiera estrema della battaglia per la casa che si combatte ogni giorno nelle periferie di Milano. Basta spostare di poco lo sguardo dai cantieri dell’Expo per vedere l’altra città, quella delle periferie. Che sta affondando in un conflitto sociale vicino al punto di rottura”.
Sempre sul Corriere della Sera un altro pezzo firmato da Nadia Galliano riferisce che ci sono “persone anche in cantina”.
“Niente portineria da quattro anni. Riscaldamento che funziona a sprazzi. Ulla vive qui dal 1986. Ha quasi 70 anni, occhiali, capelli a caschetto. Via Lorenteggio: questo quartiere è stato la storia della Milano operaia; case popolari che hanno assorbito l’immigrazione dal Sud, e hanno ospitato le famiglie che non potevano più permettersi di vivere in centro.
Oggi il Lorenteggio è un pezzo di Milano che le istituzioni hanno lasciato alla deriva. Nella scala di Ulla, gli appartamenti sono quasi tutti occupati, anche le cantine lo sono state, poi le piogge dell’estate scorsa le hanno allagate (e sgomberate). C’erano fornelletti, materassi, umidità. Persone. Ci vivevano almeno in 20.
Ulla, con gli abusivi, cerca di mantenere buoni rapporti di vicinato, li aiuta spesso. «Non si può vivere nella paura, io un po’ di coraggio me lo faccio così». Ogni tanto va a fare la spesa e compra qualcosa anche per loro. Cerca di reperire lenzuola, lavatrici, mobili. «Chi occupa non sempre è un delinquente, molti sono semplicemente persone bisognose». Se questi quartieri non affondano è anche per questo: «Qui si impara a condividere la povertà». “.
Sempre per il Corriere della Sera Gianni Santucci ha parlato con un inquilino abusivo.
“Francesco, detto Franco, calabrese, 49 anni, arrivato a Milano 20 anni fa. Ha occupato una casa del quartiere Giambellino nel febbraio scorso. Un bilocale di circa 40 metri quadrati. Fino a qualche tempo fa viveva da «regolare», in affitto; poi i prezzi sono saliti e non è riuscito più a permettersi i 400-500 euro al mese della rata.
Gli amici l’hanno ospitato, uno di loro viveva in una casa popolare in zona San Siro e, dovendo andar via, gliel’ha ceduta. Franco ha continuato a pagare l’affitto all’Aler, l’azienda milanese dell’edilizia pubblica, cercando di farsi regolarizzare. L’Aler però non ha accettato e ha provveduto allo sgombero.
Franco racconta: «Non è per niente bello quando ti entrano in casa 30 poliziotti alle 7 del mattino e ti danno 10 minuti per mettere la tua vita in una valigia». È così che un uomo entra nelle statistiche degli «occupanti abusivi».
Il fatto è questo: che cosa succede quando vieni allontanato da un alloggio? Prendi le tue cose e cerchi ospitalità dagli amici, ma non puoi stare a casa loro per sempre, né hai i soldi per permetterti un nuovo affitto. E neanche puoi essere inserito nelle liste di assegnazione delle case popolari, perché hai uno sgombero sulle spalle per cui sei fuori dai criteri di inclusione in quelle liste. Che fare? «Ho dovuto occupare — ricorda Franco — ma prima mi sono informato per capire la situazione abitativa dello stabile. La casa popolare che ho occupato era vuota da molti anni. Pago bollette di luce e gas, ma sarei ben lieto di contribuire anche con l’affitto, sarei felice di ottenere la regolarizzazione».