Milano, al via il “progetto Harlem”: i negozi etnici saranno limitati

Un’accurata selezione degli ingredienti (i negozi) affinché la ricetta (il quartiere) venga omogenea. Arriva dal consigliere regionale, nonché vicepresidente regionale e assessore all’industria, artigianato, edilizia e cooperazione Andrea Gibelli, la proposta di selezionare gli esercizi commerciali per riqualificare i quartieri cittadini di Milano, evitando così la concentrazione di determinate attività in aree ristrette.

Quattro panetterie, tre negozi di ortofrutta, due edicole, cinque bar, un supermercato, kebab e phone center con moderazione. Questa, forse, la giusta dose che l’amministrazione cittadina potrebbe scegliere per evitare il raggruppamento delle stesse attività commerciali in alcune aree della città. Così, Ghibelli, eletto nelle file della Lega Nord, sta preparando un disegno di legge regionale denominato “progetto Harlem” (dal nome del quartiere newyorkese in cui è stata attuata una operazione analoga) che dovrebbe prendere forma entro un mese.

Le singole amministrazioni comunali potranno così indirizzare lo sviluppo commerciale di determinate aree, arrivando a vietare l’apertura di alcune tipologie di negozi se non vi sono i requisiti. Se fatta passare come misura per garantire la sostenibilità ambientale e la qualità della vita, la “selezione” sarà consentita anche dalle normative europee.

Una normativa ch e, come spiega Stefano Maullu, attuale assessore regionale a Commercio, turismo e servizi, eletto nelle file del Pdl, serve anche a tu telare i negozi tradizionali e a proteggere i consumatori. «La tutela del commercio tradizionale, dei negozi di vicinato, comporta due vantaggi: da una parte è presidio di cultura e delle abitudini sociali, dall’altro la rete tra commercianti, la conoscenza reciproca che si crea anche con i distretti del commercio, può evitare la formazione di fenomeni deviati se non di vere e proprie truffe, come quelle, recenti, delle catene di dentisti low cost che si sono verificate a Milano».

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